Dario Salvetti, nel primo numero di quest’anno di questa rivista, ha raccontato della determinazione, delle difficoltà e della fantasia dei lavoratori della GKN nel portare avanti la propria battaglia.

È una lotta esemplare, per la consapevolezza che mostra, per la capacità di creare legami e convergenze, perché coniuga il radicamento nel territorio con la costruzione insieme alla “classe trasversale” che accomuna chi persegue una visione del mondo alternativa rispetto all’esistente. È una lotta reale, con ostacoli e stanchezze, che si scontra con il muro di un mondo sempre più diseguale che non tollera, nega, espelle, delegittima, anestetizza, coopta, assorbe, reprime ogni alternativa e divergenza, e anche in questo condivide la storia di altre resistenze.

Silvia Giagnoni la racconta, con il coinvolgimento forte di chi partecipa, in GKN. Cronistoria personale di un innamoramento collettivo (introduzione di G. Fofi, Pinerolo, Panerose); ho avuto la fortuna di scriverne, con Riccardo Barbero, la postfazione. Provo qui a riprenderne alcuni passaggi, con una riflessione sul rapporto fra la battaglia condotta dai lavoratori delle GKN e la Costituzione.

«Solo se cambiano i rapporti di forza generali nel paese, noi possiamo sperare di salvarci», scrive il Collettivo di fabbrica della GKN[1]: è la consapevolezza della necessità di una trasformazione sociale e del significato del lavoro come asse del cambiamento. Per i costituenti, fondare la Repubblica sul lavoro non rappresentava una mera petizione di principio ma esprimeva la volontà di segnare un mutamento nella «concezione dei fini e della funzione dello Stato, non più solo garante delle libertà, chiamato com’è ad intervenire nella disciplina dei rapporti sociali per contrastare da una parte le prevaricazioni del potere economico e promuovere dall’altra una più equa distribuzione tra le classi dei beni della vita»[2]. Il lavoro si pone al crocevia della democrazia economica, sociale e politica.

La lotta dei lavoratori della GKN e la «Repubblica democratica, fondata sul lavoro» (art. 1, Costituzione) si intrecciano, sotto più profili.

Primo. Gli operai della GKN mostrano con forza l’esistenza di quel conflitto sociale che la retorica neoliberista nega, assorbe e, se del caso, reprime. La neutralizzazione del conflitto sociale, ça va sans dire, sancisce la vittoria di una classe, come mostrano politiche economiche che, situandosi nell’orizzonte ordoliberale, focalizzano il loro cardine nell’impresa, assicurandole sovvenzioni statali e al contempo una crescente de-regolamentazione (il Pnrr ne è esempio). L’esistenza e la resistenza del Collettivo di fabbrica della GKN ricorda che tra capitale e lavoro esiste un conflitto, che il lavoratore non è solo una voce dei costi di impresa.

La Costituzione è consapevole del conflitto sociale e si pone dalla parte dei soggetti più deboli, i lavoratori, nell’intento di riequilibrarne la posizione, donde le norme a tutela delle condizioni di lavoro (per tutti, art. 36 Cost.) e le norme che assicurano ai lavoratori gli strumenti per far sentire la propria voce: la libertà sindacale e il diritto di sciopero (artt. 39 e 40 Cost.). «Il conflitto sociale non [è] stato né ignorato, né escluso, ma riconosciuto e regolato, rendendolo pacifico, ma dotando la parte più debole del conflitto delle armi necessarie»[3].

La prospettiva è l’eguaglianza sostanziale, che, lungi dall’essere cieca, riconosce le diseguaglianze per rimuoverle, prendendo le distanze dalle sirene di una artificiale parità che si traduce in concreta diseguaglianza. Il conflitto è nell’essenza della democrazia ed è elemento di trasformazione della società.

Secondo. I lavoratori della GKN agiscono nel segno di un lavoro, quello che fonda la Repubblica, concepito come strumento di dignità e di emancipazione, non come merce. È il senso del lavoro come parte di un percorso di liberazione della persona, del suo pieno sviluppo (art. 3 Cost.): un lavoro, dunque, legato alla centralità della persona e non alla massimizzazione del profitto.

Terzo. L’emancipazione è personale ma insieme anche collettiva: gli operai della GKN in lotta chiedono a chi li incontra «Voi come state?»[4]; è un porsi immediato nella prospettiva di un «“Insorgiamo”» come «messaggio responsabilizzante e collettivo»[5], in quanto lotta comune e convergente con altre proteste e interesse della società tutta.

Si coniugano, per ragionare in termini costituzionali, il profilo del «pieno sviluppo della persona umana» e quello della partecipazione all’«organizzazione politica, economica e sociale del paese» (art. 3 Cost.).

Il recupero del senso del collettivo implica in sé una contrapposizione rispetto all’individualismo competitivo dell’imprenditore di se stesso di cui è impregnata la narrazione mainstream, funzionale, con la dissoluzione dei corpi intermedi, all’atomizzazione della società («la società non esiste» proclamava Margaret Thatcher), alla sua liquefazione in una massa di individui soli e deboli di fronte al potere: una visione, quest’ultima, lontana dalla solidarietà come principio costituzionale.

Quarto. La convergenza coinvolge sia il territorio: «abbiamo visto la fabbrica fondersi con il territorio […] abbiamo visto una comunità insorgere, solidarizzare, autorganizzarsi»[6]; sia altre lotte. È la consapevolezza dell’interdipendenza espressa, per esempio, nitidamente nel comunicato di lancio delle mobilitazioni nazionali del 25 marzo 2022 per la giustizia climatica e di “Insorgiamo” del 26 marzo 2022, a firma di Fridays For Future e Collettivo di Fabbrica-Lavoratori GKN Firenze: «Due giorni che sfidano ogni tentativo di contrapporre questione sociale e questione ambientale, e che si fondono idealmente in un’unica giornata di lotta […] E visto che non esiste processo più inquinante della guerra – per il suo impatto ambientale e per come ridefinisce le priorità economiche e sociali dei paesi – il 25 e 26 marzo non potrà che essere anche una scadenza di lotta contro la guerra»[7].

La convergenza evoca la connessione fra i differenti profili dell’«organizzazione politica, economica e sociale del paese» nei quali si esercita la partecipazione, concepita come strumento e fine nell’articolo 3, comma 2, della Costituzione. Emerge il lavoro come trait d’union fra democrazia politica e democrazia economica.

È una partecipazione «effettiva» come recita la norma costituzionale, che agisce nelle forme dell’auto-organizzazione ma cerca altresì il raccordo con il circuito politico-rappresentativo, muovendosi nello spazio multidimensionale della democrazia (che vive nelle forme “dal basso” come in quelle della rappresentanza).

Quinto. La lotta condotta dal Collettivo di fabbrica per una legge “anti-delocalizzazioni”, che non si riduca a operazione di marketing, che introduca limiti sostanziali e non solo procedure formali, è un passo per rompere l’intoccabilità della libertà di impresa, coerentemente con la Costituzione laddove prevede che la libertà di iniziativa economica privata possa essere limitata in caso di contrasto con l’utilità sociale o quando rechi «danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana», nonché soggetta a indirizzo e controllo per «fini sociali e ambientali» da parte del legislatore (art. 41 Cost.).

Sesto. Il progetto mutualistico della Soms Insorgiamo, l’azionariato popolare, la cooperativa per una fabbrica pubblica e socialmente integrata, la reindustrializzazione dal basso evocano norme accantonate della Costituzione, come gli articoli 43 (con la possibilità di trasferire le imprese a comunità di lavoratori), 45 (con la «funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata») e 46 (con il diritto dei lavoratori a collaborare alla gestione delle aziende); norme scritte con l’obiettivo di favorire la partecipazione diretta dei lavoratori e dei cittadini, dando slancio al senso del lavoro come mezzo di emancipazione e sostanza a una sovranità popolare che si esprime nella partecipazione effettiva.

Per concludere, la lotta dei lavoratori della GKN è paradigmatica, anche rispetto alla Costituzione, e, nello stesso tempo, – e anche questo è nelle corde di una Costituzione contrassegnata da un realismo emancipante come quella italiana – concreta: una alternativa materialmente percorribile rispetto all’esistente, a Campi Bisenzio come altrove. È il conflitto che colma la distanza fra realtà e utopia.

 

 

[1] Collettivo di fabbrica-Lavoratori GKN Firenze, comunicato del 14 agosto 2021.

[2] C. Mortati, Art. 1, in Commentario della Costituzione, a cura di G. Branca, Bologna-Roma 1975, vol. I, p. 10.

[3] G. Ferrara, I diritti del lavoro e la costituzione economica, in Costituzionalismo.it, n. 3/2005.

[4] Collettivo di fabbrica Gkn, Insorgiamo. Diario collettivo di una lotta operaia (e non solo), Roma 2022, pp. 19-20.

[5] Collettivo di fabbrica Gkn, Insorgiamo cit., p. 8.

[6] Collettivo di fabbrica Gkn, Insorgiamo cit., p. 116.

[7] Fridays For Future Italia, https://fridaysforfutureitalia.it/.

 

 

Due giorni fa il consiglio regionale della Toscana ha approvato la proposta di legge sui consorzi di sviluppo industriale e per il recupero cooperativistico dell’impresa e del territorio: un successo in cui è stato determinante l’impegno dei lavoratori GKN e della cittadinanza che li ha sostenuti. La legge pone premesse da valorizzare anche per altre iniziative future, nel segno del lavoro, della difesa del territorio, della protezione dell’ambiente.

Il Ponte