Enzo Enriques Agnoletti per trent’anni non solo ha reinterpretato e attualizzato quei valori di socializzazione e di partecipazione che già Calamandrei aveva delineato, ma, attento agli avvenimenti che si svolgevano fuori d’Italia, ha dato alla rivista una cifra internazionale di grande rilievo.
A cura di Gianfranco Ferraro e Maria Cristina Fornari
L’interrogativo che permea questo speciale e con cui ogni saggio idealmente si apre, come un omaggio al lavoro della scuola di Colli e Montinari, è dunque un interrogativo “politico” e “polemico”, perché questa e non altra è la caratteristica essenziale di quel movimento critico che l’Aufklärung ha riconosciuto in quanto rapporto, relazione che i moderni istituiscono con il loro presente storico e con la forma stessa della loro esistenza.
“Bene comune” rischia di diventare il vacuo copricapo di una tecnocrazia sedicente di sinistra, che trasforma il reale cambiamento oggi richiesto in amministrazione moralistica dell’esistente, lasciando immutate le effettive gerarchie di potere.
Per definire i termini di una democrazia insorgente fondata sul concetto di bene comune, nel presente numero si tende un arco tra una riflessione piú strettamente politica su di esso (il documento del sito Democraziakmzero (http://www.democraziakmzero.org), il saggio di P. Cacciari) e la sua definizione giuridica e possibile traduzione in diritto positivo, con cui concludiamo il nostro lavoro (i saggi di U. Mattei e P. Maddalena). Gli interventi di G. Sullo e A. Zanchetta collocano la riflessione su democrazia e beni comuni in un contesto internazionale, con riferimento particolare allo zapatismo e alla Via Campesina in America Latina. L. Caminiti, G. Ferraro si occupano dell’aspetto costituzionale e storico dell’argomento, mentre un particolare rilievo è dedicato a un fenomeno che sta diventando sorprendente e rilevante: l’occupazione dei teatri come forma di rivendicazione di un bene comune culturale (L. Baiada). Alcuni saggi si occupano di pratiche di resistenza territoriale, emblematiche e significative, in nome di una qualità della vita minacciata (F. Forno, C. Lucchi), mentre Nebbia e Poggio tratteggiano il quadro preoccupante dell’emergenza ambientale.
Numero 5-6 maggio-giugno 2012
Nazione e lavoro, questione nazionale e questione sociale, nazionalismi, socialismi, nazioni piú o meno proletarie, socialismi nazionali, ecc., sono stati i diversi modi di formulare e di raccontare intrecci complicati o in apparenza inestricabili. Per questo numero abbiamo scelto alcuni contesti – nazionali, regionali, migratori – e abbiamo anche voluto dedicare un certo numero di schede ad alcuni tentativi importanti, nella ricerca storica e sociale, di pensare questo genere di questioni.