di Rino Genovese
Con una consultazione tra i militanti e gli iscritti – non, quindi, con la sceneggiata tipicamente italiana delle “primarie” aperte –, Pedro Sánchez è stato rieletto segretario del Psoe. Sebbene avesse contro di sé la maggior parte dell’apparato, si è imposto su una linea politica avversa alle larghe intese con il partito di Rajoy. Una buona notizia, la conferma che si può riformare il socialismo europeo dall’interno in una prospettiva di sinistra. E un monito per Podemos, la formazione della sinistra radicale che, un anno fa, aveva provocato l’impasse politica spagnola rifiutando di appoggiare dall’esterno un governo dello stesso Sánchez, spingendo per un ritorno alle urne nella vana speranza di superare il Partito socialista, e consegnando così alla destra di Rajoy il primato e la possibilità di rifare il governo. Ora – dopo la lezione dei fatti – è proprio da un’intesa tra il Psoe e la nuova sinistra, nel frattempo alleatasi con la vecchia di Izquierda unida, che potrebbe nascere una maggioranza alternativa.
L’esempio cui ispirarsi è quello portoghese. La sinistra può trovare la via del governo se, lasciando da parte le vuote diatribe, si unisce intorno a un programma di contrasto all’austerità europea ma non di rottura con l’Europa. Ci si può basare su un accordo anche puramente parlamentare – ammesso che la legge con cui i deputati sono eletti non sia cervellotica e non spinga a coalizioni, o ammucchiate, preventive. In Italia, tuttavia, la situazione è bloccata dalla presenza sulla scena di un Pd ormai definitivamente centrista, che guarda alle larghe intese, e dalla sterile protesta grillina che attira su di sé una parte considerevole dei voti di sinistra. Così, tra un movimento che sarebbe di opposizione ma in realtà mette capo a un congelamento dei voti in chiave stabilizzante, da una parte, e dall’altra un Pd che guarda verso i berlusconiani, una speranza di cambiamento nemmeno s’intravede.