Possetti

di Egle Possetti

[Il 14 agosto, nel secondo anniversario della strage del Ponte Morandi, pochi giorni dopo l’inaugurazione del ponte ricostruito, il Comitato familiari vittime Ponte Morandi, che non aveva partecipato all’inaugurazione istituzionale, ha organizzato una giornata della memoria, in una “radura” sotto il ponte, per ricordare “dal basso” le 43 vittime, in uno spazio circolare segnato da 43 alberi, ognuno diverso dall’altro. La presidente del Comitato familiari vittime, Egle Possetti, ha espresso, con parole dure e antiretoriche, il punto di vista di una collettività indignata e risoluta: un grande esempio di azione civile. Quel discorso, pronunciato subito dopo le parole del presidente del consiglio Giuseppe Conte, invitato a partecipare dal Comitato, sono state trasmesse in diretta da RaiNews24 per poi scomparire nei vari tg nazionali. Tra i giornali, solo «Il Fatto Quotidiano» del 15 agosto ne ha pubblicato integralmente il testo. Lo facciamo anche noi, con piena condivisione. La citazione con cui Egle Possetti conclude il suo intervento è dello scrittore Washington Irving.]

 

Questa giornata è il tentativo di fermare l’oblio. La radura in cui ci troviamo oggi è il primo embrione del futuro memoriale che sarà necessario affinché questa tragedia vergognosa possa restare incisa per sempre. Non ci stancheremo mai di dire queste parole: rispetto, memoria e giustizia.

In questi due anni abbiamo sentito dichiarazioni di profonda arroganza da parte di chi ha gestito e gestisce questa infrastruttura, l’arroganza di chi non ha chiesto scusa nei tempi umanamente accettabili e ha preteso di ricostruire un nuovo ponte dopo quanto avvenuto. Per fortuna, quest’ultima assurda richiesta è stata “stracciata” dalla massima Corte del nostro Stato, che ha dato un importante segnale.

Il nuovo ponte è un buon inizio ma non basta: abbiamo necessità di qualcosa in più. Vogliamo autostrade sicure e non vogliamo che siano i cittadini a ripagarle, sappiamo che ci sono stati utili ingiustamente accantonati e quindi, nel nostro piccolo, proveremo a vigilare perché la nostra disperazione possa essere trasformata in un altro piccolo pezzo di rinascita. Dovremo essere in grado di mettere all’angolo un sistema marcio, che ha permesso il crollo di un ponte in Italia nel 2018. I nostri cari dovranno avere il giusto riconoscimento, come vittime di una strage che non sarebbe mai dovuta accadere.

In questo senso auspichiamo riforme importanti: non è più accettabile che i processi possano durare decenni e le parti lese attendano una giustizia che forse non arriverà mai. La verità dovrà diventare anche la verità processuale: troppe volte assistiamo nelle aule di tribunale ad assurdi tentativi di mistificare la realtà e non possiamo più permetterlo.

In questi due anni abbiamo conosciuto persone meravigliose che lavorano con passione instancabile e senso profondo del dovere. Troppe volte, purtroppo, emerge solo la parte peggiore dell’Italia: le vere risorse agiscono in silenzio. Di queste forze siamo orgogliosi e li ringraziamo con tutto il nostro cuore. Mi permetto di citare la frase di un autore americano che descrive in modo perfetto quanto emerge dalla nostra anima: quando sento queste parole scorrere nei miei pensieri, sono convinta non sia stato un caso averle incontrate. «C’è qualcosa di sacro nelle lacrime, non sono un segno di debolezza ma di potere, sono messaggere di dolore travolgente e di amore indescrivibile».