di Angela Guiso

Nel momento in cui si invoca la presenza della Cina dentro gli accordi per il clima, ecco un libro che della Cina parla in modo inedito e con autorevole competenza (Silvia Calamandrei, Attraverso lo specchio. Cina, andate-ritorni, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2021). Il libro avrebbe ben potuto intitolarsi Die andere seite, come il romanzo di Alfred Kubin. “L’altra parte”, dunque, del mondo geografico e culturale e di se stessi. Alla scoperta dell’affascinante topos letterario del doppio, tra i più potenti, che l’autrice e narratrice di queste memorie – che tante volte si fanno storia – incarna in modo originale.

Tutto ha inizio con quello che parrebbe un espediente letterario: il ritrovamento di un manoscritto, replica dell’archetipo manzoniano e fino al Nome della rosa di Umberto Eco, per stare in ambito italiano.

Nell’epoca della tecnologia, però, è internet il tramite dell’avventuroso ritrovamento di “pagine di quaderni e agende” manoscritte di una bambina italiana di sei anni in terra cinese, nel 1953, quando ancora l’Italia e la Cina non avevano relazioni diplomatiche, e fino al 1956, al seguito del padre Franco, corrispondente de «l’Unità», e della madre, Maria Teresa Regard, giornalista di «Noi Donne» e del «Nuovo Corriere».

Svariati i livelli di lettura di quest’opera affascinante, in primis come libro di formazione per la progressiva coscienza, secondo la griglia spaziale di Lotman – dal basso dell’età infantile verso l’alto della maturità – e per la presenza e il felice superamento del limite e confine linguistico che, nel caso dell’italiano e del cinese, mette in essere competenze solitamente inespresse.

Piani diversi si intersecano e disegnano un reticolo di cui, in trasparenza, si riconoscono quello della storia personale e collettiva, cinese e italiana, attraverso vari decenni e fino agli ultimi anni. Una biografia, quella dell’autrice: familiare, culturale e letteraria con il conseguimento di competenze linguistiche via via certificate e la prassi della traduzione di opere d’ingegno. Scelte che pretendono, talvolta, dolorose rinunce familiari, ma favoriscono incontri fondamentali di caratura internazionale di cui la vita di Silvia è lastricata, senza l’omissione, anzi!, delle difficili esperienze scolastiche in terra italica. Insieme, il richiamo a Piero Calamandrei e al suo viaggio in Cina nel 1955 e al numero speciale del «Ponte» del 1956, dedicato al grande paese orientale, con traduzione cinese, come avverrà per Silvia e il suo doppio nome Jia Yihua.

Un Piero Calamandrei che, dismessi gli abiti del grande costituzionalista, viene magnificamente restituito al lettore nella sua umanità di nonno, vicino alla nipotina impegnata nell’esame della terza elementare. Umanità che è presenza costante di tutto il libro nel quale si raccontano i conflitti familiari col padre entro i confini di un perimetro adolescenziale, ma dentro i sogni e le aspettative della Rivoluzione culturale. Accanto, la generosità e l’apertura e accoglienza a donne straordinarie: dalla madre, alle nonne, a Mildred ed Esther, alla grande scrittrice Yang Jiang e alla stessa Fang Fang, con la quale si chiude la serie.

E poi il racconto di un interesse sempre intenso e del lungo viaggio ininterrotto, attraverso i sentieri interrotti dell’andare e venire dall’Italia alla Cina e viceversa.