Ispirato alla “pedagogia civile” dei percorsi di memoria inaugurati a suo tempo da Carlo Azeglio Ciampi, il Centro Calamandrei di Jesi ha lanciato nel 2019 una iniziativa di comunicazione destinata soprattutto alle scuole, producendo un cortometraggio “ALLA FINE DELLA NUVOLA”, così presentato dal presidente del centro Gian Franco Berti:
“parlerà” ai giovani, li farà riflettere, li farà discutere su questa malattia italiana di predisposizione al fascismo, questa autobiografia della Nazione, come ebbe a definirlo Piero Gobetti. Su questo filone di pensiero dovrebbe innescarsi nelle aule magne di tante scuole, del territorio, ma non solo (penso a Torino a Trento a Firenze a Bologna a Roma a Siena, dovunque), un proficuo confronto e una riflessione coi ragazzi sui pericoli che corriamo grazie agli incompetenti profeti sgrammaticati della decrescita felice, della democrazia illiberale modello turco, del fastidio verso il pensiero federalista europeo, dell’idiosincrasia nei confronti del diverso.
L’anteprima è stata ad aprile al Teatro Pergolesi di Jesi, con i Licei e gli Istituti tecnici, presenti circa 500 studenti.
Nell’intento di Berti si trattava di smuovere i giovani dalla pigrizia da internet, stimolandone la reatttività. Gian Franco sente l’urgenza di scuotere le coscienze e per questo ha voluto utilizzare un di linguaggio attrattivo, di facilità di trasmissione, di snellezza operativa, di efficacia comunicativa.
L’attività culturale del centro di Jesi, di cui Berti è da decenni animatore, assieme a suo tempo ad Alessandro Galante Garrone e Carlo Azeglio Ciampi, ha ricevuto una menzione speciale su “Micromega” [aprile 2019], da parte di Angelo d’Orsi, che nel cortometraggio dà voce a Piero Calamandrei
“quella del Calamandrei jesino, non è una cultura a casaccio, né una cultura dell’apparenza, bensì una cultura innervata di pensiero democratico, largamente inteso, una cultura in grado di suscitare l’interesse dei giovani, almeno dei più curiosi e aperti, e non soltanto la pigra attenzione dei vecchi. Una cultura capace di essere politica, rimanendo estranea ai maneggi dei partiti, una cultura che parla di legalità, ma anche di giustizia sociale, di letteratura progressista ma anche di etica dell’impresa, di cinema impegnato e di teatro civile, cercando soprattutto di catturare le più giovani generazioni. Una cultura che si esprime in molteplici collane editoriali, che spesso regalano agli appassionati autentiche chicche, pubblicando preziosi inediti (si vedano le lettere di Leone Ginzburg a sua moglie Natalia, o i disegni di Franco Antonicelli dal confino nel 1936, per fare due soli esempi). Una cultura che sa farsi addirittura impresaria, e i titoli di spettacoli teatrali, di musica, e di cinema, prodotti dal Calamandrei di Jesi sono ormai numerosi, e posso affermare senza tema di essere smentito, che sicuramente in questo particolare ambito, si tratta di un vero primato, mentre negli altri ambiti, il Centro è in pole position a livello nazionale. E va reso onore a quella che molti ancora oggi considererebbero follia temeraria di Berti e della sua band di “arzilli vecchietti”, come egli li chiama, capaci di dialogare con ragazzi e ragazze, usando, non solo gli strumenti usuali di conferenze e pubblicazioni, ma quelli più efficaci specie per un pubblico giovane del cinema e del teatro. E mi limito, per chiudere, a menzionare gli ultimi due spettacoli prodotti o sponsorizzati dal Calamandrei: il film di Federica Biondi, Alla fine della nuvola, che benché tratto da un episodio di cronaca contemporanea, attinge a testi di Piero Calamandrei, per denunciare l’inumanità del trattamento ai migranti oggi, che preferiamo vedere affogare nel Mediterraneo, piuttosto che sporcare le nostre strade levigate di ipocrisia, e Un Gramsci mai visto, pièce teatrale con musiche e canti popolari coevi, ispirato alla mia recente biografia del grande pensatore e rivoluzionario, una bussola necessaria (ahimè, quanto poco usata), per orientarsi nel mondo “grande e terribile”.
Il corto sta girando per le aule magne delle scuole italiane, da Milano, a Torjno a Roma a Vicenza. Personalmente l’ho presentato a Napoli al Liceo Calamandrei di Ponticelli, un avamposto culturale di periferia dove il sindaco de Magistris è intervenuto più volte ad iniziative promosse dagli insegnanti per diffondere messaggi di legalità e cultura democratica.
Avevo ricevuto il corto in anteprima ed avevo suggerito a Gian Franco di farlo precedere da uno “spiegone”, come ormai ci siamo abituati ad avere come premessa ad una visione.
In realtà le immagini e le parole del filmato non hanno bisogno di tante spiegazioni: parlano al nostro cuore, ai nostri sentimenti di giustizia, di solidarietà, di rispetto degli altri, al nostro amore per la libertà.
La libertà è come l’aria, diceva Calamandrei:
“ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare, quando si sente quel senso di asfissia che gli uomini della mia generazione hanno sentito per vent’anni, e che io auguro a voi, giovani, di non sentire mai.
E vi auguro di non trovarvi mai a sentire questo senso di angoscia, in quanto vi auguro di riuscire a creare voi le condizioni perché questo senso di angoscia non lo dobbiate provare mai, ricordandovi ogni giorno che sulla libertà bisogna vigilare, dando il proprio contributo alla vita politica”.
I giovanissimi cui il filmato si rivolge sanno bene cosa succede oggi, gli affogati nel Mediterraneo, i porti chiusi ai profughi, i rifugiati degradati a clandestini, e non hanno difficoltà a capire il gesto provocatorio del parroco di Genova che chiude la chiesa per Natale, quando sembra che “pietà l’è morta”.
E gli studenti hanno probabilmente sentito recitare o letto in rete il discorso di Calamandrei sulla Costituzione, nata sulle montagne dove combattevano i partigiani, o l’epigrafe ad ignominia contro Kesselring che si chiude con il motto “Ora e sempre Resistenza”.
Forse meno nota la vicenda di Danilo Dolci, che negli anni cinquanta si batteva per il lavoro e contro le mafie in Sicilia, ispirandosi ai metodi non violenti di Gandhi e dovette affrontare nel 1956 un processo per aver violato norme di sicurezza ereditate dal fascismo: Danilo e altri volontari, assieme ai disoccupati di Partinico, si misero a costruire una strada, una “trazzera”, improvvisando uno sciopero alla rovescia per dimostrare che il diritto al lavoro, previsto all’articolo 4 della Carta del 1948, poteva essere attuato. Calamandrei fu tra gli avvocati difensori e pronunciò una celebre arringa, invocando di fronte ai giudici le leggi di Antigone, ormai iscritte nella Costituzione italiana.
Il messaggio sotteso al filmato è che ognuno di noi può disobbedire alle leggi ingiuste, abusivamente adottate, nel nome di una superiore giustizia, sancita dai principi fondamentali della prima parte della nostra Costituzione.