Contrasti, il bel volume fotografico curato da Silvia Bertolotti su Calamandrei nella Grande guerra, è stato presentato alla Biblioteca del Senato, il 7 febbraio, da una schiera di autorevoli studiosi.
Apre i lavori Giuseppe Filippetta trasmettendo il saluto di Sergio Zavoli, presidente della Biblioteca del Senato. Sottolinea il prezioso lavoro di cura e di commento delle foto, un vero e proprio libro nel libro.
Mario Isnenghi ricostruisce il percorso militare dell’ufficiale interventista Piero Calamandrei e la sua scelta di partire volontario, interrogandosi su quali fossero i sentimenti di Ada, l’interlocutrice principale del suo diario per corrispondenza, ricostruito nel volume curato e introdotto da Alessandro Casellato (Zona di guerra, Roma-Bari, Laterza, 2007). Probabilmente nelle sue lettere volutamente distrutte ci sarebbe stata la testimonianza di un altro punto di vista, forse di egoismo microfamigliare. Piero, tenente, opera nelle truppe territoriali, raramente si trova al fronte e solo dal 1917 comincia a essere utilizzato in base alle sue competenze, come avvocato nei tribunali di guerra (già nel 1916 c’era stato il processo in cui era riuscito a evitare la condanna a morte dei disertori con un cavillo giuridico), come oratore (la commemorazione di Battisti in cui scopre la propria vena oratoria, e fa venire le lacrime agli occhi al superiore), e infine come comunicatore nel Servizio P. L’apprendistato di comunicatore l’aveva fatto sul «Giornalino della domenica» di Vamba. Con la svolta post-Caporetto si passa dalla strategia dell’obbedienza a quella della convinzione, e Calamandrei partecipa all’operazione di convincere, di creare consenso, capendo anche che bisogna partire dagli stessi ufficiali, che mancano spesso anche loro di “patriottismo”.
Il Sevizio P abbina propaganda, psicologia e vigilanza-sorveglianza (la censura delle lettere, in cui Piero viene impiegato) e Salvemini e Lombardo Radice approntano minicanovacci di discorsi: una guerra di valori, di principi, combattuta con le parole, per arrivare all’“anima” del soldato, come titola un libro quel Ciarlantini, poi fascista, che è tra gli ufficiali che entrano a Trento in avanscoperta. L’entrata a Trento è una sorta di “lieto fine”, anche se non avrà un riconoscimento, corrispondendo a un’alzata di testa, come se il Sevizio P si fosse montato la testa, saltando la catena gerarchica. E fino a Trento e alla bandiera sul monumento di Dante siamo ancora nell’interventismo democratico. Ma cosa dire di Bolzano, dove Calamandrei crea la Libreria Dante: a Bolzano siamo oltre i limiti della quarta guerra d’indipendenza risorgimentale.
La curatrice sottolinea i dubbi di Calamandrei, ma secondo Isnenghi va ricordato che è una guerra in cui crede, e crede al suo operato di persuasore dei valori e dei principi per cui è partito volontario; ancora nel Diario degli anni 39-45 la ricorderà con nostalgia quella guerra, «dalla parte giusta».
Anna Villari interviene sull’impegno di Calamandrei nel Servizio P sul fronte letterario, grafico e di organizzatore di spettacoli ed eventi, concentrandosi sul tema della fotografia. Ricorda l’articolo di Calamandrei sulla letteratura di guerra e la problematica della descrizione e ipotizza che la fotografia venga a colmare lo spazio vuoto tra la realtà indicibile della guerra e l’impossibilità di raccontarla con le parole. Le lettere, i documenti e le relazioni custodite sia a Trento che nell’Archivio dello Stato Maggiore dell’Esercito, rivelano il suo interesse riguardo all’immagine – manifesti, cartoline, vignette dei giornali di trincea – ritenuti strumenti validissimi nel nuovo programma di “cura” spirituale e materiale del soldato che il servizio P attua e di cui Calamandrei stesso è convinto sostenitore. Strumenti che comprendono anche la musica (cui è particolarmente attento Piero Jahier), il teatro, il cinematografo, e che danno luogo a una sorta di interessanti laboratori creativi (alle riviste di trincea collaborarono anche artisti come Soffici o Sironi). La fotografia – fondamentale dispositivo della memoria come negli stessi anni, da parte opposta, scrive anche Robert Musil – e l’obiettivo fotografico diventano per Calamandrei strumento tramite cui rivolgersi, con uno sguardo nuovo e diretto, ai soldati, perfino a quelli dell’esercito nemico, osservati non più solo come insieme indistinto (probabilmente Calamandrei, come il suo superiore colonnello Casoni, risentiva delle riflessioni fiorentine di inizio secolo sul tema della “massa”), ma come singoli uomini, dotati di “un’anima” e di specifiche, particolari identità.
Giuseppe Ferrandi esprime la soddisfazione della Fondazione Museo storico del Trentino per aver editato l’opera, frutto anche di un raccordo tra archivi che custodiscono i materiali relativi a Calamandrei, come auspicato fin dal convegno del 2009, Un caleidoscopio di carte. La tenacia dell’autrice è riuscita a ricomporre i diversi rivoli e a restituire integralità al lavoro fotografico di Piero nella Grande guerra. Particolarmente interessante il primo discorso-narrazione di Piero, per il Touring club, a Milano il 7 marzo 1919: un ritrovamento davvero significativo, con l’uso delle foto a illustrare l’entrata a Trento e l’auspicio che i contadini e la piccola borghesia, che si erano incontrati nelle trincee, si saldino in un popolo: i “negletti bifolchi” e gli ufficiali ridivenuti impiegati non vanno dimenticati. È una prima orazione contro l’oblio, delle tante che Calamandrei pronuncia nel primo dopoguerra, e che poi nutriranno la sua oratoria successiva.
Il direttore della Fondazione auspica che nella prospettiva delle celebrazioni di fine 2018 il volume trovi la sua degna collocazione e susciti echi di approfondimento.
Francesca Cenni illustra il lavoro dell’Archivio Calamandrei di Montepulciano, da lei inventariato, per supportare l’autrice nel raccordare immagini e corrispondenza e mostra una serie di immagini di lettere corredate da disegni, foto e omaggi floreali custodite a Montepulciano. Una ricchissima corrispondenza, già commentata da Casellato nel volume Zona di guerra e ora coordinata con le foto attraverso le puntuali didascalie dell’album fotografico. Ma la corrispondenza è stata anche messa a disposizione degli allievi delle scuole medie poliziane, impegnati in un progetto Erasmus plus sulla Grande guerra, che hanno rielaborato lettere dal fronte calandosi nell’immaginario dei soldati di cent’anni fa. Sono diversi esempi dell’uso che si cerca di incoraggiare aprendo gli archivi non solo agli studiosi ma a un pubblico più vasto, anche con mostre di documenti e di foto. Le foto di Calamandrei sono state anche esposte nella recente mostra di Siena su Fortini e la Cina e sono oggetto di un magnifico spettacolo montato da Nino Criscenti e Tomaso Montanari sulla base di un album delle passeggiate degli anni trenta. Diverse fruizioni, alle quali la Biblioteca Archivio di Montepulciano ha concorso.
Silvia Bertolotti ringrazia gli intervenuti e in particolare Isnenghi, che già nella sua introduzione ai Diari 1939-41 aveva sottolineato quanto l’esperienza della Grande guerra contasse nell’orizzonte di Piero. Dà conto del suo percorso di ricerca, da quando una scatola di foto di guerra le è stata affidata da Silvia Calamandrei a cui si era rivolta dopo aver letto con curiosità i tanti riferimenti alle foto contenuti nel volume Zona di guerra. Mettendo insieme quanto custodito dalla famiglia e dai vari archivi ne è scaturito un progetto finanziato dalla Caritro che si è ora tradotto nella pubblicazione editata dalla Fondazione del Museo storico del Trentino, principale custode della documentazione su Calamandrei nella Grande guerra.
Contrasti è un libro “polifonico”, nel senso che “racconta la guerra” attraverso una serie di documenti e voci diverse: la fotografia, la scrittura epistolare, il racconto, l’articolo, il disegno, la poesia. Prevale la fotografia, ma è una fotografia che intrattiene un fitto e costante dialogo con la scrittura; contiene inoltre alcuni documenti inediti, in particolare il testo della conferenza Come entrammo in Trento presentata da Calamandrei per il Touring Club a Milano nel 1919. Il lavoro di ricerca ha sicuramente tratto impulso dalle celebrazioni e commemorazioni per il Centenario della Grande guerra; ma vuole soprattutto essere testimonianza, non tanto di una rievocazione retorica o celebrativa, ma di un recupero memoriale teso a ricollegare, attraverso lo sguardo di un fotografo ancora “dilettante”, un fotografo per passione, i tanti fili sparsi di una narrazione che pone al centro di sé “il vissuto”, il vissuto dei luoghi, ovvero il paesaggio segnato dal conflitto e “il vissuto” della popolazione civile e in armi.
Il volume è costituito da due saggi introduttivi, seguiti da un’ampia sezione illustrata, che riproduce oltre 400 fotografie scattate da Calamandrei. Il titolo si riferisce al linguaggio della fotografia ma anche a una serie di contrasti vissuti dal protagonista: quello interiore tra l’irredentista volontario e l’umanista, quello del paesaggio naturale violato, quello tra le ragioni della giustizia e la logica di guerra. La scansione temporale e le localizzazioni scandiscono anche le tappe di un’evoluzione interiore, le tappe della sua avventura di guerra.
Nella conferenza del 1919 per il Touring racconta di esser divenuto lui stesso soggetto fotografico per gli altri, gli austriaci, ormai a poca distanza dall’ingresso a Trento: «e in mezzo alla via erano fermi in gruppo gli ufficiali del reparto, i quali appena ci videro, puntarono contro di noi, come se si fossero messi d’accordo prima, le loro macchine fotografiche, guardandoci appena, con indifferenza certo simulata, e senza segni di ostilità».
Calamandrei è all’improvviso sbalzato al centro della scena con il ruolo di soggetto protagonista. Con un semplice scatto fotografico la sua immagine è consegnata alla Storia, ma a una Storia messa a fuoco e immortalata da un altro punto di ripresa, quello dei vinti.
Memorie su fronti opposti, che in questo centenario europeo si stanno cercando di condividere e riconciliare.