di Juan Carlos Monedero1 , traduzione di Serena Romagnoli
[link testo orginale: https://www.brasildefato.com.br/2017/08/16/artigo-or-onze-teses-e-uma-conclusao-sobre-a-venezuela/]
1. Certamente, Nicolás Maduro non è Salvador Allende e non è neanche Hugo Chávez, ma quelli che realizzarono il golpe contro Allende e contro Chávez sono – e anche su questo non ci sono dubbi – gli stessi che ora stanno tentando il golpe in Venezuela.
2. I nemici dei tuoi nemici non sono tuoi amici. Si può anche non amare Maduro, senza che questo possa voler dire dimenticare che nessun democratico si può schierare dal lato dei golpisti, che hanno inventato gli squadroni della morte, i voli della morte, il paramilitarismo, l’assassinio della cultura, l’Operazione Condor, i massacri di contadini e indigeni, il furto delle risorse pubbliche. È comprensibile che ci siano persone che non vogliono schierarsi dalla parte di Maduro, ma è opportuno riflettere sul fatto che, in Europa, chi appoggia i golpisti sono i politici corrotti, i giornalisti mercenari, i nostalgici del franchismo, gli imprenditori senza scrupoli, i mercanti di armi, i sostenitori degli aggiustamenti economici, quelli che celebrano il neoliberismo.
Non tutti quelli che criticano Maduro sostengono queste posizioni politiche. Conosco persone oneste che non tollerano quello che sta accadendo in questo momento in Venezuela. Ma è evidente che, tra coloro che stanno tentando un golpe militare in questo paese, ci sono quelli che hanno sempre appoggiato i golpe militari in America Latina, o quelli che mettono i propri affari al di sopra della democrazia. I gruppi mediatici che stanno preparando la guerra civile in Venezuela sono gli stessi che hanno diffuso l’informazione che in Iraq c’erano armi di distruzione di massa, che diffondono l’idea che è necessario salvare le banche con denaro pubblico, o che sostengono che l’orgia dei milionari e dei corrotti deve essere pagata da tutti con tagli e privatizzazioni. Condividere la trincea con queste persone dovrebbe indurre alla riflessione. La violenza deve sempre essere la linea rossa da non oltrepassare. Non ha senso che l’odio nei confronti di Maduro spinga persone oneste dalla parte dei nemici dei popoli.
3. Maduro ha ereditato un compito molto difficile: amministrare il Venezuela in un momento di caduta dei prezzi del petrolio e di ritorno di interesse degli Usa nei confronti dell’America Latina, dopo la terribile avventura in Medio Oriente, e una missione impossibile: sostituire Chávez. La morte di Chávez ha privato il Venezuela e l’America Latina di un leader capace di mettere in marcia politiche che hanno sottratto alla povertà nel continente 70 milioni di persone. Chávez ha capito che la democrazia in un paese solo era impossibile e ha messo a disposizione le sue risorse, in un momento di prosperità, grazie al recupero dell’Opec, dell’avvio della fase più brillante degli ultimi decenni nel continente, i cui protagonisti erano Lula in Brasile, Correa in Equador, Morales in Bolívia, Kirchner in Argentina, Lugo in Paraguay, Mujica in Uruguay, Funes in El Salvador, Petro a Bogotá e anche la Bachelet in Cile.
L’istruzione e la sanità hanno raggiunto i settori popolari; è stata completata l’alfabetizzazione; sono state costruite case pubbliche; nuove infrastrutture; trasporti pubblici (dopo la precedente privatizzazione e la disattivazione del trasporto ferroviario); è stato posto un freno alla dipendenza dal Fmi; si sono indeboliti i vincoli con gli Usa con la creazione di Unasur e Celac.
Ci sono anche delle ombre, legate soprattutto alla debolezza degli Stati e alla corruzione, ma ci vorrebbe un secolo per raggiungere i costi della corruzione dei governi progressisti dell’America Latina e le cifre spese per salvare le banche. La propaganda dei padroni ha finito per ottenere che l’oppresso amasse l’oppressore. Non era mai successo, eccetto la demonizzazione di Fidel Castro, che un leader latino-americano fosse vilipeso come Chávez. Per distribuire risorse ai poveri ha dovuto dire ai ricchi dell’America, e anche dell’Europa, che dovevano guadagnare un po’ meno. Non lo hanno tollerato. E questo si può vedere in particolare in Spagna, dove, nel mezzo della crisi, i responsabili economici e politici del Partito Popolare rubavano a piene mani, mentre dicevano alla popolazione che doveva stringere la cinta.
Chávez, quel “gorilla”, voleva porre un freno ai loro affari?
Da quando ha vinto le prime elezioni nel 1998, Chávez ha dovuto affrontare numerosi tentativi di rovesciarlo. Evidentemente, con il prezioso aiuto della destra spagnola, prima con Aznar, poi con Rajoy ed è anche nota la partecipazione di Felipe González come lobbista dei grandi capitali (è curioso che Aznar, che ha fatto affari con Venezuela e Libia, si sia poi convertito in giustiziere, quando gli è stato ordinato. Gheddafi gli aveva anche regalato un cavallo. Pablo Casado ha assistito Aznar in questa operazione. Poi, roba della destra, hanno celebrato il suo assassinio).
4. Chávez non ha lasciato in eredità a Maduro gli equilibri nazionali e regionali, politici, economici e territoriali che aveva costruito. Erano una costruzione personale in un paese che aveva un tasso di povertà del 60% della popolazione, quando Chávez era arrivato al governo. Ci sono cambiamenti che richiedono un’intera generazione. Ed è qui che l’opposizione vuole strangolare Maduro, con problemi irrisolti come le importazioni, i dollari preferenziali o le difficoltà nel frenare la corruzione, che produce mancanza di prodotti. Tuttavia, Maduro ha saputo rinnovare l’accordo “cívico-militare”, che dà tanto fastidio agli amici del golpismo. Cosa evidente, poiché gli Usa hanno sempre fatto golpe cercando l’appoggio dei militari autoctoni, mercenari o disertori. L’esercito in America Latina si può comprendere solo in relazione agli Usa. Gli eserciti dell’America Latina sono stati addestrati negli Stati Uniti, sia in tattiche di tortura o nella “lotta contro-insurrezionale”, sia nell’uso di armi che gli vendono e al rispetto degli interessi nordamericani. In Venezuela, quelli che hanno formato gli assassini della Scuola meccanica dell’armata argentina (Esma) o che hanno appoggiato l’assassinio di Pinochet si trovano in difficoltà (l’assalto di mercenari vestiti da militari alla caserma di Carabobo puntava a far passare la sensazione di una divisione nell’esercito, qualcosa che al momento non sembra esistere). Allo stesso modo con cui comprano i militari, gli Usa hanno sempre comprato giudici, giornalisti, professori, deputati, senatori, presidenti, assassini e chiunque fosse necessario a mantenere l’America come il proprio “cortile di casa”. Il cartello mediatico internazionale gli ha sempre dato copertura. È l’esistenza degli Usa come impero che ha costruito l’esercito venezuelano. I nuovi ufficiali si sono formati, però, all’interno del discorso democratico, sovrano e anti-imperialista. Sono la maggioranza. C’è una parte di ufficiali – in genere già in pensione – che si è formata alla vecchia scuola, e le loro ragioni per sostenere la Costituzione venezuelana saranno più individuali. Le carenze dello Stato venezuelano colpiscono anche l’esercito, soprattutto in aree problematiche come le frontiere. Ma le caserme, in Venezuela, stanno con il presidente costituzionale. Per questo è ancora più patetico sentire il democratico Felipe González chiedere ai militari venezuelani che diano un colpo contro il governo di Nicolás Maduro.
5. Alle difficoltà di ereditare gli equilibri statali e gli accordi nella regione (l’amicizia di Chávez con i Kirchner, Lula, Evo, Correa e Lugo), bisogna aggiungere che la disputa dell’Arabia Saudita con il fracking e con la Russia ha portato a un drastico abbassamento dei prezzi del petrolio, principale ricchezza del Venezuela. Questa caduta inaspettata del prezzo del petrolio ha messo il governo Maduro in una situazione complicata (questo è il problema della “monocultura”. Basta, per capire questo, pensare a cosa succederebbe in Spagna se il turismo vedesse una caduta dell’80% per cause estranee al governo. In una situazione simile, manterrebbe Rajoy sette o otto milioni di voti?). Maduro ha dovuto ricostruire gli equilibri di potere in un momento di crisi economica brutale.
6. L’opposizione in Venezuela sta tentando di fare un colpo di Stato dal giorno in cui Chávez ha vinto. Il Venezuela è stato l’avanguardia dei cambiamenti del continente. Finirla con il Venezuela è aprire la valvola perché succedano cose analoghe nei paesi in cui il neoliberismo non è ancora tornato al potere. Le oligarchie sono infastidite dai simboli che indeboliscono i suoi punti di vista. Questo è successo con la Seconda repubblica nel 1936 ed è successo anche in Cile con Allende nel 1973. Farla finita con il Venezuela chavista, è tornare all’egemonia neoliberista e anche alle tentazioni dittatoriali degli anni settanta.
7. Il Venezuela ha, inoltre, le maggiori riserve di petrolio del mondo, acqua, biodiversità, l’Amazzonia, l’oro, il coltan – forse la maggiore riserva di coltan del mondo. Gli stessi che hanno portato alla distruzione della Siria, dell’Iraq, o della Libia per rubare il petrolio, vogliono fare la medesima cosa in Venezuela. Hanno bisogno di conquistare prima l’opinione pubblica perché il furto non sia così ovvio. Hanno bisogno di riprodurre in Venezuela la stessa strategia costruita quando parlavano di armi di distruzione di massa in Iraq. Molta gente onesta non ha forse creduto che ci fossero armi di distruzione di massa in Iraq?
Oggi quel paese, un tempo prospero, è alla rovina. Chi ha creduto nelle menzogne del PP spagnolo, guardi oggi come sta Mosul. Congratulazioni agli ingenui. Le bugie le sentiamo tutti i giorni. L’opposizione ha messo una bomba in un luogo di passaggio di poliziotti a Caracas e tutti i giornali hanno pubblicato la foto come se la responsabilità fosse di Maduro. Un elicottero rubato ha lanciato granate sul Tribunale Supremo e i media hanno taciuto. Sono atti terroristici. Di quelli che riempiono le copertine dei giornali e aprono i telegiornali. Salvo quando succedono in Venezuela. Un referendum illegale in Venezuela «spinge il regime al limite». Un referendum illegale in Catalogna è un atto che si avvicina a un crimine di sedizione.
8. Il cartello mediatico internazionale ha trovato un buon filone. Si tratta di una riedizione della paura di fronte alla Russia comunista, alla Cuba dittatoriale o al terrorismo internazionale (non direbbero mai che lo Stato Islamico è una costruzione occidentale, finanziata principalmente dal capitale nordamericano). Il Venezuela è diventato il nuovo demonio. Questo permette che loro accusino gli avversari di essere “chavisti” ed evitino di parlare della corruzione, dello svuotamento delle pensioni, della privatizzazione degli ospedali, delle scuole e delle università o dei soldi dati alle banche. Mélenchon, Corbyn, Sanders, Podemos, o qualsiasi forza di cambiamento in America Latina, vengono squalificati con l’accusa di essere chavisti, ora che l’accusa di essere comunisti o dell’Eta è fuori moda. Il giornalismo mercenario ha adottato da anni questa strategia. Nessuno ha mai spiegato quali politiche genuinamente bolivariane dovrebbero essere inserite nei programmi dei partiti che vogliono cambiare. Ma non importa. L’importante è diffamare e che ci siano persone di buona volontà che finiscono per credere alle armi di distruzione di massa o che il Venezuela è una dittatura.
Una dittatura dove, stranamente, tutti i giorni l’opposizione manifesta (anche attaccando installazioni militari), dove i mezzi di comunicazione criticano liberamente Maduro (non come in Arabia Saudita, in Marocco o negli Stati Uniti), dove l’opposizione governa nei comuni e nelle regioni. È la stessa tattica che, durante la guerra fredda, ha costruito il «pericolo comunista». È per questo che, in Spagna, alla fine dei telegiornali, si annunciano le previsioni del tempo a Caracas. Delle 100 volte in cui si cita il Venezuela, 95 sono finalizzate a distrarre, nascondere o mentire.
9. Il Venezuela ha un problema storico non risolto. Durante la colonia, visto che non aveva miniere, non fu innalzato allo status di viceregno, ma restò una semplice capitania generale. Nel secolo XIX c’è stata una guerra civile permanente e nel secolo XX, quando si cominciò a costruire lo Stato, il paese già aveva il petrolio. Lo Stato venezuelano ha vissuto sempre di rendita, è stato sempre inefficiente, dissanguato dalla corruzione e ostaggio delle necessità economiche degli Usa, d’accordo con le oligarchie locali. Lo scontro tra l’assemblea e la presidenza dell’attuale Stato avrebbe dovuto essere risolto giuridicamente. Segnali di inefficienza sono visibili da tempo. Il vivere di rendita venezuelano non è stato superato. Il Venezuela ha redistribuito i profitti del petrolio tra i più umili, ma non ha superato questa cultura politica, né ha migliorato il funzionamento dello Stato. Ma non inganniamoci. Il Brasile ha una struttura giuridica più solida, tuttavia il parlamento e alcuni giudici hanno fatto un colpo di Stato contro Dilma Rousseff. Donald Trump può cambiare la procuratrice e non succede niente, ma se Maduro fa questo, il capo di Stato, eletto regolarmente, viene accusato di essere un dittatore. Una parte delle critiche a Maduro è particolarmente disonesta perché dimentica che la Costituzione permette al presidente di convocare un’Assemblea costituente. Che ci piaccia o no, l’articolo 348 della Costituzione vigente in Venezuela abilita il presidente a questo, così come in Spagna il capo del governo può sciogliere il parlamento.
10. Zapatero e altri ex presidenti, il papa, le Nazioni Unite stanno chiedendo a entrambe le parti in Venezuela, che dialoghino. L’opposizione ha ottenuto intorno a 7 milioni di voti (anche se è più complicato che arrivino a un accordo rispetto a un candidato/a alla presidenza del paese). Maduro, in un contesto regionale molto complesso, con forti restrizioni economiche che colpiscono la possibilità di acquistare prodotti fondamentali, come le medicine, è riuscito a ottenere 8 milioni di voti (sarebbero tanti anche se fossero sette milioni, secondo le dichiarazioni piuttosto sospette del presidente della Smarmatic, che ha appena firmato un contratto milionario in Colombia).
È chiaro che il Venezuela è diviso. L’opposizione, come in altre occasioni, ha scelto la violenza e non capisce come Maduro riceva tanti milioni di voti. Se in Spagna un gruppo bruciasse ambulatori, scuole e attaccasse il Tribunale Supremo, assaltasse caserme, contattasse emarginati per seminare il terrore, bloccasse le strade con manifestazioni e perfino bruciasse persone vive per il semplice fatto che la pensano in modo diverso, qualcuno si sorprenderebbe se i cittadini votassero contro questi pazzi?
11. Sconfitta la via violenta, all’opposizione venezuelana restano solo due possibilità: proseguire verso la via dell’insurrezione, incoraggiata dal Partito Popolare spagnolo, da Donald Trump e dall’estrema destra internazionale o tentare di vincere nelle urne. Gli Stati Uniti continuano a fare pressioni (nelle sue dichiarazioni a un settimanale uruguaiano, il presidente Tabaré Vázquez ha detto che ha votato per l’espulsione illegale del Venezuela dal Mercosul per paura delle rappresaglie dei grandi paesi).
Ma 57 paesi delle Nazioni Unite hanno chiesto che la sovranità del Venezuela sia rispettata. Siccome gli Usa non hanno ottenuto la maggioranza per forzare il Venezuela, insistono a inventare spazi (come la Dichiarazione di Lima, senza nessuna forza giuridica, perché non hanno ottenuto la maggioranza nell’Organizzazione degli Stati americani). La destra mondiale vuole farla finita con questo Venezuela, anche se costa sangue per la popolazione di quel paese. Per questo, alcuni oppositori, come Henry Ramos-Allup, hanno chiesto la fine della violenza. Il Venezuela avrà elezioni comunali e regionali a breve.
È lo scenario in cui l’opposizione deve dimostrare di essere la maggioranza, come rivendica. Il Venezuela deve convocare queste elezioni e si tratta di un’eccellente opportunità di misurare elettoralmente le forze. Perché, al contrario, lo scontro che stiamo vedendo crescerà e si trasformerà in una terribile cancrena. Chi ha interesse a una guerra civile in Venezuela? Non facciamoci prendere in giro. Né il PP né Trump sono interessati ai diritti umani. Se così fosse romperebbero i rapporti con l’Arabia Saudita (che decapita 15 giovani che hanno manifestato durante la Primavera araba o frusta le donne che guidano la macchina), o con la Colombia, dove ci sono state 150 persone assassinate dai paramilitari negli ultimi mesi, o con il Messico, dove ogni mese viene ammazzato un giornalista e compaiono fosse comuni con decine di cadaveri. Negli Usa si stanno chiedendo pene di 75 anni per chi manifesta contro le politiche di Trump.
Il Venezuela è diventato, in Spagna, la 18ª Comunità Autonoma, solo perché il presidente Rajoy è stato convocato a deporre come testimone della corruzione che coinvolge il suo partito. È meglio parlare del Venezuela che della corruzione degli 800 membri del PP imputati. Ci sono persone ingenue che credono a questa gente. Che diranno ora che la grande maggioranza dell’opposizione ha accettato di partecipare alle elezioni regionali? Il patto tra Psoe e Podemos in Castilla-La Mancha è stato presentato dalla destra della Mancha come l’inizio della venezuelizzazione della Spagna. Quanta faccia di bronzo e quanta stupidità! E ci sono persone che credono in questa gente. Nel frattempo, il PP mette a tacere, per esempio, notizie sulle persecuzioni che la dittatura monarchica marocchina porta avanti in Spagna, nei confronti dei dissidenti politici, o arresta, per ordine del dittatore Erdogan, un giornalista critico nei confronti della dittatura turca. Qualcuno ci dirà che questi governi sono interessati ai diritti umani?
Conclusione: Non c’è bisogno di essere in sintonia con Maduro, e ancor meno con il suo modo di fare, per non accettare il colpo di Stato che si vuole realizzare in Venezuela. Dobbiamo riflettere su come non tornare a commettere gli stessi errori già compiuti, dando credito alle menzogne divulgate dai media. Il Venezuela deve risolvere i suoi problemi dialogando. È evidente che i problemi ci sono. Ma due metà del paese che si scontrano non vanno da nessuna parte, facendo monologhi. Anche se una parte è appoggiata dai paesi più potenti del campo neoliberista. Né il PP né la destra vogliono il dialogo. Vogliono che Maduro rinunci. Ma voi pensate che gli 8 milioni di elettori dell’Assemblea costituente resterebbero a braccia conserte? Il nuovo governo li reprimerebbe e potrebbe ucciderne molti. I media direbbero che la democrazia venezuelana si sta difendendo dai nemici della democrazia. E di nuovo ci sarebbe gente ingenua pronta a credergli. Dal resto del mondo, in nome della democrazia, sono sufficienti due cose: esigere e sostenere il dialogo in Venezuela, e capire che non dobbiamo permettere né al PP né alla destra internazionale, a cominciare da Donald Trump, il ripetersi di uno dei loro più orribili comportamenti, che consiste nel seminare sofferenze in altri luoghi del mondo per nascondere quelle che provocano nei loro paesi.
1 Juan Carlos Monedero è un intellettuale, professore universitario e dirigente di Podemos.