Numero 11-12 novembre-dicembre 2014
In questo “speciale” cerchiamo di considerare come il cinema abbia rappresentato l’ordine del capitale e le soggettività a esso corrispondenti: tenendo ben presente la storia più recente, in cui dilagano l’astrazione finanziaria e il nuovo autoritarismo politico che ne deriva.
“Bene comune” rischia di diventare il vacuo copricapo di una tecnocrazia sedicente di sinistra, che trasforma il reale cambiamento oggi richiesto in amministrazione moralistica dell’esistente, lasciando immutate le effettive gerarchie di potere.
Per definire i termini di una democrazia insorgente fondata sul concetto di bene comune, nel presente numero si tende un arco tra una riflessione piú strettamente politica su di esso (il documento del sito Democraziakmzero (http://www.democraziakmzero.org), il saggio di P. Cacciari) e la sua definizione giuridica e possibile traduzione in diritto positivo, con cui concludiamo il nostro lavoro (i saggi di U. Mattei e P. Maddalena). Gli interventi di G. Sullo e A. Zanchetta collocano la riflessione su democrazia e beni comuni in un contesto internazionale, con riferimento particolare allo zapatismo e alla Via Campesina in America Latina. L. Caminiti, G. Ferraro si occupano dell’aspetto costituzionale e storico dell’argomento, mentre un particolare rilievo è dedicato a un fenomeno che sta diventando sorprendente e rilevante: l’occupazione dei teatri come forma di rivendicazione di un bene comune culturale (L. Baiada). Alcuni saggi si occupano di pratiche di resistenza territoriale, emblematiche e significative, in nome di una qualità della vita minacciata (F. Forno, C. Lucchi), mentre Nebbia e Poggio tratteggiano il quadro preoccupante dell’emergenza ambientale.