di Tomaso Montanari

È terribilmente rivelatrice la delusione dei cronisti, nelle ore successive al collasso del tetto della chiesa di San Giuseppe dei Falegnami a Roma, il 30 agosto 2018. «Ma quali capolavori sono stati distrutti?»; «A quanti milioni di euro ammonta il danno, possibile non lo si possa quantificare?». Ebbene, la perdita di San Giuseppe non si misura con i nomi degli artisti da “grande mostra”, né con quotazioni da asta internazionale. E l’unica risposta possibile è una domanda: quanto riteniamo importante, quanto valutiamo l’integrità del nostro corpo, anzi del nostro volto? Quella piccola chiesa piantata nel cuore stesso di una storia millenaria non era solo la redditizia location per l’industria dei matrimoni “religiosi”: no, era anche una cellula del nostro volto collettivo. Un brandello del tessuto, unico al mondo, che chiamiamo Italia. Un lembo di pelle e di carne che oggi è distrutto.

Fu la fede semplice dei falegnami di Roma a volerla, e a volerla di legno: con grandi sacrifici la fecero bella, ricca, sonante d’organi preziosi e adorna dei dipinti degli artisti più bravi e famosi a cui potevano arrivare. Non un occhio, non il naso o la bocca del volto di Roma: ma un suo piccolo lembo di pelle. Unico, e ora per sempre perduto, nonostante i restauri.

Di chi, allora, la colpa?

Colpa di un consumo culturale culturalmente insostenibile, tutto ingabbiato nell’industria delle mostre consacrate alla top ten degli artisti noti anche ai politici.

Colpa di decine di governi che hanno tagliato sul patrimonio culturale e sulla sua manutenzione, condannando generazioni di storici dell’arte e restauratori all’esilio o alla rassegnazione, e condannando così a morte il tessuto storico e artistico dell’Italia.

Colpa delle riforme di Dario Franceschini, che obbedendo all’odio di Renzi per le soprintendenze, ha puntato tutto sulla valorizzazione selvaggia e ha fatto a pezzi quel che rimaneva della tutela.

Colpa di un giornalismo servile e ignorante, sordo a ogni denuncia dal basso e capace solo di lodare il potente di turno per poi correre a stupirsi che l’Italia crolli: dai ponti alle chiese.

Nel cratere del terremoto i frammenti di affreschi stanno ancora sotto il sole e la neve; a Napoli decine e decine di chiese sono chiuse, saccheggiate sul punto di rovinare; a Santa Croce a Firenze un turista è morto per il distacco di un frammento; a Roma ora solo per un miracolo del santo falegname si è evitata la strage.

Basterà tutto questo ad aprirci gli occhi, o al prossimo crollo saremo sempre fermi qua?