Il lavoro giudiziario sui crimini internazionali, in Italia, attende un intervento legislativo.
È controverso se lo Statuto di Roma, istitutivo della Corte penale internazionale, imponga a ogni Stato di perseguire questi crimini, per evitare l’intervento della Corte stessa. Una presa di posizione recente rileva l’assenza di un obbligo formale di incorporare nel diritto interno le norme dello Statuto, ma recupera la medesima esigenza con un ragionamento che richiama il Geist des Statutsi. Certamente, è difficile pensare che questo lavoro giudiziario possa essere lasciato tutto alla Corte.
In Italia, la Commissione per elaborare un progetto di codice dei crimini internazionali, presidenti Francesco Palazzo e Fausto Pocar, istituita nel 2022 dal Ministero della giustizia, ha prodotto una relazione e una bozza di codice. Qualunque soluzione sarà scelta sulle norme incriminatrici, è indispensabile decidere a quali uffici giudiziari attribuire le funzioni giurisdizionali. Su questo punto la Commissione ha formulato tre proposte. La prima è attribuire tutti i crimini internazionali alla giustizia ordinaria; questo osservando, fra l’altro, che «l’unitarietà della giurisdizione risponde all’obiettivo di una ineludibile uniformità di trattamento, anche nell’ottica di una più puntuale aderenza agli obblighi internazionali di prevenzione e di repressione». La seconda è attribuire i crimini internazionali commessi da militari alla giustizia militare. La terza è attribuire alla giustizia militare i crimini di guerra, quelli compresi in un articolato, commessi da militari italiani. La prima soluzione è in linea con l’orientamento della Cassazione a sezioni unite, in particolare in una sentenza accurata decisa nel 2021, che ricorda come la giurisdizione militare, quella secondo le norme dell’Italia unita, sia stata estesa nel 1930 e nel 1941, cioè dal fascismo, e ribadisce che la giurisdizione penale va vista nell’insieme, è un sistema chiusoii.
La scelta sulla giurisdizione è basilare: senza uffici giudiziari, niente giustizia. Ma per capire meglio bisogna segnalare ulteriori elementi. Il tema, infatti, tocca il perimetro della giurisdizione militare, obblighi internazionali, esigenze eurounitarie e altroiii.
Il Ministero della difesa nel 2021 ha istituito la Commissione di studio e approfondimento per la riforma del codice penale militare di pace, presidente Michele Corradino. Nella relazione si propone di estendere la giurisdizione militare ad alcuni reati, ma non a quelli contro la persona. La Commissione ha preso atto della contrarietà dell’Associazione nazionale magistrati a un ampliamento della giurisdizione militare in tale direzione, considerando la natura non intrinsecamente militare del bene giuridico protetto e la necessità di lasciare la tutela di interessi fondamentali alla giustizia ordinaria. Effettivamente un parere reso al comitato direttivo centrale dell’Anm dalla quinta commissione, diritto e procedura penale, ha respinto l’impostazione di una delle proposte di legge più significative, la AC 1402, presa a base dalla Commissione Corradino. C’è la preoccupazione che lo spostamento di reati crei disfunzioni, anche perché la tutela dei diritti fondamentali e dei principi costituzionali richiede le competenze, le specializzazioni, la diffusione sul territorio e la stretta relazione con la polizia giudiziaria proprie degli uffici giudiziari ordinari. Invece, fra gli argomenti ricordati dalla Commissione Corradino in favore dell’attribuzione alla giustizia militare di reati contro la persona, c’è una pronuncia della Corte costituzionale secondo cui «la civile convivenza tra militari, soprattutto (ma non solo) nei luoghi militari, costituisce un presupposto essenziale per la […] coesione delle Forze armate» e dunque, in relazione al reato in quel momento all’esame della Consulta, c’è anche l’esigenza «di tutelare il rapporto di disciplina inteso come insieme di regole di comportamento»iv. Ma l’argomento della coesione e della disciplina è difficilmente applicabile ai crimini internazionali a danno di civili; sarebbe anche strano motivare la giurisdizione militare sui crimini internazionali, fatti gravissimi, invocando quella pronuncia, riguardante l’ingiuria.
Si notano la coincidenza e il susseguirsi di più strutture progettuali, dal 2021 a oggi. La Commissione Corradino è istituita il 9 settembre 2021; la Commissione Palazzo e Pocar il 22 marzo 2022; ad agosto 2022 è costituito, presso il Ministero della difesa, il Gruppo di studio per l’allineamento normativo formale e sostanziale dell’ordinamento giudiziario militare con la riforma dell’ordinamento giudiziario ordinario, presidente Corradino. A gennaio 2023 è istituito al Ministero della giustizia il Gruppo di lavoro sul codice dei crimini internazionali, presidente Antonio Mura, per dare attuazione agli obblighi assunti con lo Statuto di Roma. In quest’ultimo Gruppo non ci sono magistrati ordinari in servizio presso uffici giudiziari italiani, presenti invece nella Commissione Palazzo e Pocar, e si rafforza la componente diplomatica. L’unica persona che fa parte contemporaneamente delle quattro strutture qui indicate è il generale Salvatore Luongo, capo dell’ufficio legislativo alla Difesa. Si sono sovrapposti collegi in cui la rappresentanza di magistrati ordinari, fra Ministeri della difesa e della giustizia, non è proporzionata, e sembra che il dicastero della Giustizia abbia più considerazione per quello della Difesa, che viceversa. Eppure, aumentando la giurisdizione militare si riduce quella ordinaria.
A livello di metodo, il rapporto fra crimini internazionali e perimetro della giustizia militare è ovviamente oggetto di attenzione, anche all’estero. Eugene Fidell, fra i più noti esperti di diritto militare negli Usa, scrive:
«The growth of a body of international criminal law through the work of the International Criminal Court (ICC), the International Criminal Tribunal for the Former Yugoslavia, and other international criminal justice bodies provides an additional impetus for countries to adopt a global perspective when considering reform of their military justice systems»v.
Se è così, il lavoro ravvicinato su più progetti non è sbagliato, in linea di principio. Il punto è che si sarebbe dovuto farlo meglio e coordinarlo. Inoltre, una riforma ha bisogno di rilievi su pendenze e flussi di procedimenti, con un’apposita raccolta di dati, che non c’è neanche per i progetti di aumento della giurisdizione militare in genere.
Nell’intreccio fra norme approvate o delegate, gruppi e commissioni, forse pesano veti, preoccupazioni, conflitti di priorità. Di certo, dopo il consiglio dei ministri del 16 marzo scorso, un comunicato governativo ha assicurato: il codice c’è, sui crimini di guerra c’è una «estensione», quelli contro l’umanità sono stralciati. Poi il codice è stato presentato, non è chiaro con quanto approfondimento, in vari incontri internazionali, a cominciare dalla riunione dei ministri della giustizia, a Londra, il 20 marzo. Magistratura democratica ha parlato di «opzione di segno chiaramente regressivo», si è detta contraria alla riduzione della giurisdizione ordinaria e ha auspicato un ripensamento avvertendo un rischio: la «pericolosa tendenza, che si è già evidenziata in altri settori del diritto umanitario, della progressiva sottrazione alla giurisdizione ordinaria della tutela dei diritti fondamentali»vi. Chantal Meloni, componente della Commissione Palazzo e Pocar, stigmatizzando «un’occasione storica mancata», ha ipotizzato che non si voglia legiferare sui crimini contro l’umanità perché potrebbero risentirne i responsabili del trattamento dei migrantivii. Meloni, in precedenza, ha osservato che proprio in Italia, dove fu ospitata la conferenza diplomatica che portò allo Statuto, gli sforzi per una legislazione non hanno avuto successo; fra le cause, ha indicato sia l’instabilità politica sia una possibile riluttanza dell’apparato militare, e delle forze politiche di riferimento, rispetto a una legislazione potenzialmente fonte di responsabilità per i militari italianiviii.
Ricordiamo l’assetto attuale della giustizia castrense. Con la legge n. 244 del 2007 le sedi giudiziarie sono state ridotte da nove a tre: Roma, Verona e Napoli; il ruolo organico dei magistrati militari è stato ridotto da 103 a 58 unità; il Consiglio della magistratura militare (Cmm) è stato ridotto da nove a sette componenti. In seguito, col decreto-legge n. 78 del 2009, convertito con la legge n. 102 del 2009, il Cmm è stato ulteriormente ridotto a cinque. Queste norme sono state riordinate nel codice dell’ordinamento militare. La giustizia militare segue la stessa procedura di quella ordinaria, ma i due insiemi di reati sono ben diversi: quella ordinaria si occupa di un numero enorme di cose, quella militare quasi soltanto dei reati previsti nei codici militari. L’organico dei magistrati militari è centosettanta volte più piccolo di quello dei magistrati ordinari.
I magistrati militari sono equiparati a quelli ordinari per stato giuridico, trattamento e carriera; ma l’autogoverno e l’indipendenza non sono altrettanto garantiti. Per il Consiglio superiore della magistratura la Costituzione prevede due terzi di magistrati eletti; la legge ordinaria attribuisce i provvedimenti sui magistrati militari al Cmm, e fra i suoi cinque componenti i magistrati eletti sono solo due. Le proporzioni sono inconciliabili. Sul punto bisogna tener conto di cosa chiede l’Europa, ricordando che l’indipendenza effettiva dei giudici è valorizzata da sentenze della Corte di giustizia dell’Unione europeaix. In particolare, per i giudici, rilevano: l’European Charter on the Statute for Judges del Consiglio d’Europa, del 1998; l’Opinion n. 10 del 2007, The Council for the Judiciary at the service of society, del Consultative Council of European Judges (CCJE) del Consiglio d’Europa; la Magna Carta of Judges approvata nel 2010 dallo stesso CCJE; la raccomandazione del Consiglio d’Europa sull’indipendenza, CM/Rec (2010) 12, Judges: independence, efficiency and responsibilities – che invoca i Basic Principles on the Independence of the Judiciary approvati dall’Onu nel 1985, contenenti un richiamo alla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo – ; la Rule of Law Checklist del 2016 della European Commission for Democracy through Law (Commissione di Venezia); l’Opinion n. 24 del 2021, Evolution of the Councils for the Judiciary and their role in independent and impartial judicial systems, ancora del CCJE. Questi strumenti suggeriscono per i consigli una composizione togata – misurata sui magistrati eletti e non sui componenti di diritto – integrale o di larga maggioranza («substantial majority»); si riferiscono ai giudici, ma in Italia non sarebbe possibile un regime diverso per i pubblici ministeri.
Quanto all’unico laico nel Cmm, che è il vice presidente, è scelto d’intesa fra i presidenti dei due rami del Parlamento, mentre i laici nel Consiglio superiore sono nominati dal Parlamento in seduta comune; per la magistratura militare la nomina è frutto di un’intesa fra due persone e non coinvolge collegi parlamentari.
La presidente di Medel, Mariarosaria Guglielmi, fra i motivi di crisi della magistratura ordinaria, indica «un groviglio pericoloso [un dangereux enchevêtrement] di “nodi venuti al pettine”» e nel «progetto di scardinare le basi del nostro sistema di rappresentanza» individua un capitolo che riguarda il Csm: «Ridurre le sue potenzialità democratiche, insite nella sua fisionomia di organo “rappresentativo” della magistratura (elettivo per i due terzi, secondo la Costituzione) e del pluralismo culturale che la caratterizza»x. Questi tratti della fisionomia, compreso il pluralismo culturale, il Cmm li ha avuti per poco tempo e da anni li ha persi; adesso, poi, si conciliano male col numero di 58 magistrati; può dirsi, rispetto ai problemi della giustizia, che su quella castrense si sia verificato in anticipo «un dangereux enchevêtrement».
Ancora a proposito di diritto eurounitario, Guglielmi scrive:
«Ciò che oggi l’Europa ci chiede è valutare ogni riforma istituzionale alla luce dei principi dello Stato di diritto, come insieme dei valori non negoziabili che sono a fondamento dell’Unione: fra questi, l’indipendenza dei sistemi giudiziari e degli attori della giurisdizione, che deve garantire l’effettiva tutela dei diritti e dei singoli contro ogni arbitrio del potere»xi.
Il diritto eurounitario prende terreno. Ma la magistratura militare non è coinvolta né nel CCJE, Consultative Council of European Judges, né nel CCPE, Consultative Council of European Prosecutors. Quanto all’ENCJ, European Network of Councils for the Judiciary, fra i suoi membri ci sono il Consiglio superiore della magistratura e il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, mentre il Cmm ha chiesto l’ammissione ma non l’ha ottenuta. Con l’EPPO, la Procura europea, la Procura generale militare in Cassazione ha un accordo di cooperazione dall’11 luglio 2022. L’accordo precisa che «riguarda unicamente le relazioni tra l’EPPO e la Procura generale militare, non è destinato a creare ulteriori diritti e obblighi ai sensi del diritto dell’Unione, e non pregiudica le disposizioni che disciplinano le funzioni dell’EPPO o della Procura generale militare»; quindi, stabilisce una cooperazione ma non aggiunge nulla allo statuto della giustizia militare italiana. Quanto all’EJTN, European Judicial Training Network, per l’Italia ne fanno parte solo il Csm e la Scuola superiore della magistratura. Ma la Relazione sullo Stato di diritto 2022 prende atto della promessa di riforma della giustizia castrense in Italia: «Law n. 71 of 17 June 2022 […] empowers the Government to reform the justice system and adapt the military justice system»xii.
Con specifico riferimento all’attuale consiliatura del Cmm, si notano singolarità. Di norma la consiliatura deve durare quattro anni, ma è già successo che durasse di più. Quella iniziata nel 2013 durò fino al 2019, perché nel 2017, dopo l’elezione regolare dei nuovi togati, i presidenti delle Camere non nominavano il laico. Finalmente, nel 2019, Alberti Casellati e Fico scelsero David Brunelli, accademico ed ex magistrato militarexiii. Nella magistratura ordinaria, se tutti i laici del Csm fossero ex magistrati diventati professori, ci si preoccuperebbe per l’autoreferenzialità della categoria; nell’autogoverno della giustizia castrense la componente laica è costituita da un ex togato. La consiliatura, in scadenza nel 2023, col decreto-legge n. 198 del 2022, un «milleproroghe» convertito con la legge n. 14 del 2023, è stata prorogata, e su questo si può osservare qualcosa.
La conversione del milleproroghe la tratta per primo il Senato, atto 452. In sede consultiva, nel parere della 3ª Commissione, affari esteri e difesa, 18 gennaio 2023, si ricorda che la legge n. 71 del 2022 prevede l’aumento degli eletti nel Cmm per garantire la maggioranza della componente elettiva. In Commissioni riunite, 1ª affari costituzionali e 5ª bilancio, c’è una proposta di emendamento, la 14.4 dei senatori Liris e Lisei (FdI), che porta subito i consiglieri elettivi da due a quattro, fermo il differimento delle elezioni; è dichiarata improponibile, ma poi Liris dice che «c’è stato un esercizio di democrazia, un esercizio di centralità del Parlamento, un ritorno al dibattito». In aula, il milleproroghe passa al Senato senza approfondimento e alla Camera con la fiducia. Il presidente della Repubblica promulga, però in una lettera ai presidenti delle Camere e alla presidente del Consiglio dei ministri stigmatizza l’abuso dei decreti-legge e rammenta il requisito dell’omogeneità di contenutoxiv.
La proroga, nata così fragile, tecnicamente è un differimento del termine entro cui pubblicare il decreto che convoca le elezioni della consiliatura successiva, che viene fissato al 30 settembre 2023. Le elezioni si potranno anche fare dopo, e la prima seduta più in là. Se si tiene conto di cosa è successo dal 2007, col ridimensionamento della componente togata elettiva e con dilazioni di fatto o di diritto, da molti anni il Cmm non è conforme alle previsioni originarie e da due consiliature è in stato di eccezione.
La proroga è anche di opinabile utilità. Il motivo posto a base della norma è l’esigenza di dare il tempo per modificare l’ordinamento giudiziario militare. Infatti, sul punto la legge n. 71 del 2022 prevede una decretazione legislativa e vuole che il numero dei togati eletti salga da due a quattro, «per garantire la maggioranza di tale componente elettiva» (ciò conferma che attualmente la proporzione fra eletti e non eletti è inadeguata). Eppure, malgrado l’istituzione del Gruppo di studio Corradino, la decretazione non è stata fatta né dal governo Draghi né da quello Meloni.
Sempre sulla consiliatura in carica e prorogata: fra i due componenti elettivi c’è un magistrato militare che, in epoca precedente alla consiliatura attuale, rivolgendosi a una collega, ha fatto riferimento con parole e gestualità aggressive a come si sarebbe comportato, lui, se in seguito avesse fatto parte del Cmm; per questo ha ricevuto dalla consiliatura di allora una condanna disciplinare, confermata in Cassazionexv. Verrebbe da chiedersi l’esito, nella magistratura ordinaria, di una sua candidatura al Consiglio; nella magistratura militare è stato eletto. Giuseppe Santalucia al congresso dell’Anm, in quella che ha chiamato «centralità del discorso sull’etica», ha osservato che in una società democratica la giurisdizione si legittima soprattutto per l’osservanza di «regole di condotta, che a ben vedere non sono che la proiezione minuta degli stessi caratteri di imparzialità, neutralità e indipendenza»xvi.
Vanno considerati alcuni tratti della magistratura che esercita la giurisdizione militare.
I magistrati militari hanno un regime più favorevole sulle attività estranee a quelle dell’ufficio di appartenenza; la magistratura ordinaria ha altri vincoli e divieti posti dalla legge e dal Csm. Il diverso statuto dei magistrati militari riguarda l’insegnamento, anche in strutture privatexvii. Quanto agli incarichi nella giustizia sportiva, che è vicina a grandi interessi, sono persino apprezzati dal Cmm per il conferimento di funzioni direttivexviii. L’italiana Figc aderisce alla Fifa; nel 2022, in occasione dei mondiali di calcio, il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione che cita proprio quest’ultima: il Parlamento «recalls its long-held view that corruption within Fifa is rampant, systemic and deep-rooted»xix. Ma il problema non è solo questo. È accaduto, che crimini internazionali avessero punti di contatto con vicende coinvolgenti organizzazioni sportive, specialmente calcistiche: per esempio, le violenze alla partita Dinamo-Stella rossa, nel 1990, furono un punto di non ritorno nella dissoluzione della Jugoslavia (vi partecipò anche Arkan, poi criminale di guerra); l’incendio della Casa dei sindacati di Odessa, nel 2014, ha steso un’ombra sulla storia successiva dell’Ucraina, e vi ebbe un ruolo lo sferragliare di tifoserie.
Si verificano passaggi di magistrati militari a incarichi governativi. Non violano la legge e ce ne sono anche fra i magistrati ordinari, però. L’anno scorso, a novembre, Gabriele Casalena è diventato vice capo del dipartimento affari giuridici e legislativi della Presidenza del consiglio; a dicembre Giuseppe Leotta è diventato capo dell’ufficio legislativo del Ministero del lavoro. Due magistrati sono un trentesimo del ruolo: se trecento fra i magistrati ordinari, che sono quasi diecimila, facessero lo stesso, sarebbe una notizia. Leotta nel 2022 era il presidente dell’Associazione nazionale magistrati militari (Ammi), Casalena lo era stato subito prima di lui, e siccome lo era diventato a ottobre 2013, insieme rappresentano nove anni di presidenza durante due legislature e sei governi, con tutto il bagaglio di relazioni, informazioni, esperienze. Il governo Meloni è politicamente molto segnato (è stato detto che «è tornata la politica»); si insedia, e in poche settimane due presidenti dell’Ammi lavorano per l’esecutivo. Non si conoscono precedenti. Non è un precedente, semmai un antefatto, che Leotta, in passato, abbia avuto lo stesso ufficio al dicastero del Lavoro e, prima, funzioni nell’ufficio di gabinetto e nella segreteria tecnica ai dicasteri della Pubblica amministrazione, dell’Ambiente e sempre del Lavoro. È un altro antefatto, diverso, la condanna disciplinare di Casalena, col suo rilievo sulla stampaxx. I presidenti dell’Ammi esprimono la maggioranza dell’associazione; i crimini internazionali sono politicamente connotati ed è bene che siano giudicati senza neanche l’impressione di vicinanze con la politica.
Fra i magistrati militari, quelli che hanno un familiare o più di uno nella struttura sono numerosi, più che nella magistratura ordinaria, e il fenomeno potrebbe intensificarsi. Ci sono coniugi, ex coniugi ma che hanno insieme prole, cognati eccetera. Quest’anno, per la prima volta, l’Ammi, con la nomina di Giovanni Barone, ha un presidente con questa caratteristica, che già riguardava la vice presidente, riconfermata. Il presidente dell’Ammi è cognato di una componente del collegio dei probiviri, che a sua volta ha un vincolo familiare con un’altra componente dello stesso collegio (in tutto, di tre persone). Le due componenti del collegio dei probiviri sono anche in servizio nello stesso ufficio giudiziario, insieme alla vice presidente della stessa Ammi. Quest’ultima sposò un magistrato militare, che adesso è il capo di quell’ufficio, e i due hanno prole. Si potrebbe continuare. E poi, per il futuro: la figlia di un magistrato militare è risultata idonea in un concorso per la giustizia castrense. Potrebbe entrare in ruolo in seguito, se si attingesse a quella graduatoria o con un nuovo concorso; i vincoli familiari arriverebbero a una proporzione che in questo momento non è precisabile.
Premesso che non si dubita della professionalità di questi magistrati e che i legami affettivi sono doni della vita e non colpe, va tenuto conto dei Principi di Bangalore (Bangalore Principles of Judicial Conduct), riconosciuti dall’ECOSOC, United Nations Economic and Social Council, a luglio 2006, come sviluppo dei citati Basic Principles on the Independence of the Judiciary. Così il par. 4.8 dei Principi, sulla propriety: «A judge shall not allow the judge’s family, social or other relationships improperly to influence the judge’s judicial conduct and judgement as a judge». Una regola da rispettare anche quando l’altro familiare è un magistrato, e il Commentario ufficiale ai Principi vigila persino sull’inconscio: «A judge will need to take special care to ensure that his or her judicial conduct or judgment is not even sub-consciously influenced by these relationships»xxi. Inoltre, come si legge nel par. 3.2 dei Principi, sulla integrity: «Justice must not merely be done but must also be seen to be done». Anche l’apparenza è importante. Il punto, insomma, è se sia opportuno attribuire la giurisdizione sui crimini internazionali a una struttura con larga componente familiare, mentre basta scorrere i nomi dei magistrati alla Corte penale internazionale per rendersi conto di tutt’altro. Certo, il momento è benevolo: per la prima volta, l’Italia repubblicana ha due cognati nel governo. Ma la complementarità non si decide a Palazzo Chigi. Vediamola meglio.
Per lo Statuto di Roma l’attività giudiziaria di uno Stato esclude sì quella della Corte penale internazionale, però non se tale Stato non vuole o non può svolgere correttamente le indagini o il procedimento («unless the State is unwilling or unable genuinely to carry out the investigation or prosecution»). È, appunto, il principio di complementarità. Roberto Bellelli, magistrato militare, sulla verifica in tema di inability scrive: «Such assessment […] needs to take into account all specific evidentiary elements provided under a de facto perspective»xxii. De facto significa concretamente, con visione d’insieme sulle possibilità di giustizia interna. Anche Emanuela Fronza, componente della Commissione Palazzo e Pocar, traccia la linea di verifica della complementarità: «[It] must not only consider the peculiarities of international crimes, but also those of the domestic legal framework in which the ICC Statute is to be implemented»xxiii. La questione è se il domestic legal framework italiano si attagli alla giurisdizione militare.
In punto di complementarità, lo stesso procuratore generale militare in Cassazione, Maurizio Block, convinto certamente in buona fede che la giurisdizione militare in Italia dia garanzie e sia conforme alla Costituzione, è al corrente, perché è emerso in Commissione Palazzo e Pocar, del fatto che alla Corte penale internazionale la giustizia militare, in linea di massima, è malvista: «Sono portati a ritenere che ci sia la inability»xxiv. Certo non aiuta, su questo, il ricordo del comportamento della giustizia castrense italiana sulle stragi nazifasciste: subito dopo la guerra pochi processi con esiti concreti, poi il buio, con l’Armadio della vergogna, e dalla seconda metà degli anni Novanta una ventina di dibattimenti, l’ultimo terminato nel 2015, con condanne non eseguite. L’Armadio della vergogna è un caso esemplare di struttura che è stata unwilling o unable, o entrambe le cose. Quanto ai risarcimenti alle vittime, la giustizia militare è sì giunta, nel 2006, alla condanna patrimoniale dello Stato tedesco – contro le conclusioni, in primo grado, del pubblico ministero – ma in seguito, dopo la pronuncia della Corte internazionale di giustizia del 2012 sfavorevole alle vittime, una delibera del Cmm del 2013, successiva a un monitoraggio presso gli uffici giudiziari militari, dal sapore spiacevole, non ha tutelato i cittadini italiani «vittime dei c.d. crimini di guerra» (cosiddetti)xxv. La strada per il disegno di un nuovo orizzonte giuridico da parte della Corte costituzionale, nel 2014, è stata aperta da una rimessione disposta dalla giustizia ordinaria, non da quella militare.
Ancora in considerazione delle parti lese, ma in genere, sulla giurisdizione militare possono esserci perplessità. La Consulta, sulla costituzione di parte civile nel processo penale militare, nel 1989 ha scritto:
«Non può dimenticarsi che, durante la prima guerra mondiale, fu ammessa la costituzione di parte civile dinanzi ai tribunali militari, dapprima a favore della sola amministrazione dello Stato (cfr. decreto legislativo luogotenenziale 21 ottobre 1915, n. 1513) e di poi a favore di qualunque danneggiato (cfr. decreto legislativo luogotenenziale 6 agosto 1916, n. 1024) “per i reati che in tempo di pace” erano “di competenza dei tribunali ordinari”»xxvi.
Il legislatore della Grande guerra si rendeva conto che, se si spostano reati dinanzi ai tribunali militari, bisogna tener ferma la tutela dei danneggiati, anche non militari. Adesso la costituzione di parte civile nei processi militari è possibile; però la tutela dei danneggiati non è come nella giustizia ordinaria, soprattutto per lo statuto dei magistrati e per la rarefazione degli uffici. Il legislatore di oggi non può essere meno attento alle tutele, rispetto a un secolo fa.
In diritto interno, specificamente sull’attribuzione dei reati ascritti ai militari alla giurisdizione militare o a quella ordinaria, la Corte costituzionale ha riconosciuto al legislatore ordinario un margine di sceltaxxvii. Ma sono pronunce remote, decise nel contesto promettente di allora; la più significativa, del 1995, è di poco successiva alla riforma della giustizia militare: da qualche anno esisteva il Cmm, con nove componenti e maggioranza elettiva. Adesso, attribuire i crimini internazionali ai tribunali militari significherebbe sottrarre i processi a magistrati con autogoverno e indipendenza di livello superiore. Inoltre, trattando reati gravissimi, con molti imputati, misure cautelari e sovrapposizioni di fatti, aumenterebbero le incompatibilità: la ristrettezza dell’organico potrebbe creare problemi di composizione del collegio, forse sino all’incompatibilità di tutti i magistrati militari destinabili al giudizio, che sono meno della metà dell’organicoxxviii.
In ambito internazionale, la giustizia castrense va messa a confronto col Projet de principes sur l’administration de la justice par les tribunaux militaires, in breve Principes Decaux o Decaux Principles, dal nome di Emmanuel Decaux. I Principes Decaux sono stati predisposti nell’ambito della Commissione per i diritti umani, all’Onu, nel 2006; la Corte europea dei diritti dell’uomo vi ha già fatto riferimento, ed è stato osservato che in questo modo li ha considerati «droit pertinent», con importanti implicazionixxix. Nell’introduzione dei Principes Decaux si spiega che «il s’agit de règles minimales, de portée universelle, qui laissent la porte ouverte à la définition de normes plus strictes dans le cadre interne»; cioè che sono compatibili con garanzie maggiori, non minori. Principio 9:
«En toutes circonstances, la compétence des juridictions militaires doit être écartée au profit de celle des juridictions ordinaires pour mener à bien les enquêtes sur les violations graves des droits de l’homme, telles que les exécutions extrajudiciaires, les disparitions forcées, la torture, et poursuivre et juger les auteurs de ces crimes».
Per questi gravi crimini, insomma, la scelta sarebbe obbligata. Principio 20:
«Les codes de justice militaire devraient faire périodiquement l’objet d’une révision systématique, de manière indépendante et transparente, afin de veiller à ce que les compétences des tribunaux militaires répondent à une stricte nécessité fonctionnelle, sans empiéter sur les compétences qui peuvent et doivent revenir aux juridictions civiles de droit commun».
È difficile trovare una giustizia distante da questo più di quella italiana, che applica codici fascisti vecchi di ottant’anni.
Sempre in ambito internazionale, quanto al JRR, Justice Rapid Response, il Cmm ha considerato l’eventualità di farvi partecipare i magistrati, ma ha deciso negativamente con una motivazione poco incline alle novità: prestigio, funzionalità e assenza di normexxx.
Proviamo a considerare come la giustizia militare si pone rispetto alla società; per esempio, in tema di genere. Nella magistratura ordinaria le donne presero servizio per la prima volta nel 1965, da molti anni sono titolari di incarichi importanti e alla presidenza della Cassazione c’è una donna (proprio lei ha presieduto l’accurata decisione del 2021 sulla giurisdizione penale). Nella magistratura militare le prime presero servizio nel 1992, e nel 2022, per la prima volta, una donna ha avuto un ufficio semidirettivo. L’Assemblea generale dell’Onu, con la risoluzione 75/274 del 2021, ha istituito il 10 marzo come giornata internazionale delle donne giudici; Medel quest’anno ha osservato: «This day calls us to reflect on the indissoluble link between women’s emancipation, the rule of law and democracy. Gender equality is an essential feature of any modern democratic society»xxxi. In ambito militare il peso delle questioni di genere è notevole: lo confermano le conseguenze politiche, negli Usa, di un documentario sugli stuprixxxii; una vittima, la capitana Anu Bhagwati: «If we don’t care about women and men in the military, than we don’t care about women and men, girls and boys, in our neighborhood back home».
Consideriamo anche come l’autorità politica si pone rispetto alla giustizia militare. Per esempio, quest’anno al Ministero della difesa è stato costituito il Comitato per lo sviluppo e la valorizzazione della cultura della difesa, con giornalisti, economisti, professori, l’Aspen, l’Associazione produttori audiovisivi, l’Associazione Big Data e Leonardoxxxiii. Lo scopo è «creare una mutua contaminazione [sic] reciprocamente vantaggiosa con il mondo civile». Si vuole «comunicazione che valorizzi al massimo le capacità della Difesa», e fra queste le «“funzioni giurisdizionali” mediante le strutture della magistratura militare». Escluso che la giustizia castrense sia coinvolta nel comunicare, valorizzare o contaminare, c’è da domandarsi come le funzioni sui crimini internazionali si concilierebbero con questo modo di intenderla.
Le scelte in tema di crimini internazionali sono serie. Margherita Cassano ha auspicato dalle istituzioni italiane «una risposta unitaria, argomentata, senza gelosie di giurisdizione, perché il nostro obiettivo fondamentale deve essere quello di fornire risposte effettive a tutela delle persone»xxxiv. Fuori discussione le qualità tecniche professionali dei singoli magistrati militari, bisogna tener conto delle caratteristiche della giustizia castrense, rapportate alle esigenze di indipendenza, agli obblighi internazionali ed eurounitari, ai principi costituzionali e a considerazioni di opportunità.
i Maria Crippa, L’approvazione di un codice dei crimini internazionali “dimezzato”. Le ragioni di un (dis)atteso intervento normativo, «www.questionegiustizia.it», 21 marzo 2023: «l’implementazione domestica dei crimini internazionali consente di attuare, in senso più ampio, la piena adesione degli Stati parte allo “spirito” dello Statuto Cpi». L’idea di «Geist des Statuts» è in Gerhard Werle e Florian Jessberger, Principles of International Criminal Law, Oxford University Press, Oxford 2020.
ii Cass. (sez. un. pen.) 25 novembre 2021, dep. 9 marzo 2022 n. 8193, presidente Margherita Cassano, che cita adesivamente Cass. (sez. un. pen.) 24 novembre 1999, dep. 6 dicembre 1999 n. 25, secondo cui va riconosciuto nei «confini delineati dall’art. 1 c.p.p. per la “giurisdizione penale”» un «sistema chiuso che quella disposizione configura con funzione ricognitiva, analoga e simmetrica a quella assegnata dall’ordinamento alla norma dell’art. 1 c.p.c. per delineare i contorni del separato ramo della “giurisdizione civile”».
iii Mi permetto di rinviare a Luca Baiada, I crimini internazionali e i tribunali militari italiani, in questa Rivista, LXXVIII n. 4 (luglio-agosto 2022), pp. 21-30.
iv Corte costituzionale, n. 215 del 2017.
v Eugene R. Fidell, Military Justice. A Very Short Introduction, Oxford University Press, New York 2016, p. 99.
vi Magistratura democratica, comunicato 18 marzo 2023, I crimini internazionali come questione prioritaria e qualificante.
vii Liana Milella, La giurista Meloni: «Con questo codice l’Italia non potrà perseguire i crimini contro l’umanità commessi da Putin», «www.repubblica.it», 18 marzo 2023.
viii Emanuela Fronza e Chantal Meloni, The Draft Italian Code of International Crimes, «Journal of International Criminal Justice» 20 (2022), pp. 1027–1048, specialmente p. 1029.
ix Corte di giustizia dell’Unione europea: 27 febbraio 2018, C-64/16; 24 giugno 2019, C-619/18; 5 novembre 2019, C-192/18; 17 dicembre 2020, C-354-20 e C-412/20. La Corte di Lussemburgo applica l’art. 19 del Trattato sull’Unione europea interpretandolo insieme alla nozione di Stato di diritto, di cui all’art. 2, e basandosi sul principio dell’indipendenza dei giudici di cui all’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
x Mariarosaria Guglielmi, Il CSM italiano e lo «scandalo delle nomine», «www.questionegiustizia.it», 20 dicembre 2022, traduzione di Le CSM italien et le «scandale des nominations», «Délibérée, revue de réflexion critique animée par le Syndicat de la magistrature», 2022/3 (n. 17), pp. 75-80.
xi Mariarosaria Guglielmi, Un pubblico ministero “finalmente separato”? Una scelta poco o per nulla consapevole della posta in gioco. E l’Europa ce lo dimostra, «www.questionegiustizia.it», 17 settembre 2022.
xii Relazione sullo Stato di diritto 2022, 13 luglio 2022, p. 3, nota 4.
xiii Brunelli ha fra i suoi meriti di essere stato l’estensore della sentenza di appello nel processo sulle Fosse Ardeatine: Corte mil. d’appello Roma, 7 marzo 1998 dep. 15 aprile 1998, n. 24, imputati Hass e Priebke, presidente Giuseppe Monica.
xiv Lettera del presidente della Repubblica, 24 febbraio 2023, «www.quirinale.it».
xv Cmm, 2012 n. 1, incolpato M.D.L. Poi, Cass. (sez. un. civ.) 8 ottobre 2013, dep. 20 novembre 2013, n. 26033.
xvi Giuseppe Santalucia, Relazione al XXXV congresso dell’Anm, Roma, 14-16 ottobre 2022.
xvii Dopo l’istituzione del Gruppo di studio Corradino, l’Ammi ha invitato ad avanzare suggerimenti. A settembre 2022 chi scrive ha proposto, fra l’altro, che gli incarichi di insegnamento siano permessi solo nelle scuole militari e in altre istituzioni pubbliche, e che una parte dei guadagni sia destinata agli orfani dei militari caduti in servizio. La proposta per ora non ha avuto seguito.
xviii Cmm, delibera n. 7865 del 17 novembre 2022.
xix Parlamento europeo, risoluzione 2948/2022, punto 3.
xx Valeria Pacelli, Poltrone. Casalena a novembre è stato nominato al Dipartimento affari giuridici. Nel 2020 la censura: «Manifestato scarso equilibrio». Palazzo Chigi dà l’incarico al pm militare «sanzionato», «il Fatto Quotidiano», 14 aprile 2023, p. 15.
xxi Onu, Commentary on The Bangalore Principles of Judicial Conduct, settembre 2007, par. 143.
xxii Roberto Bellelli, The Establishment of the System of International Criminal Justice, in Roberto Bellelli (ed.), International Criminal Justice. Law and Practice from the Rome Statute to Its Review, Ashgate, Farnham-Burlington 2010, p. 53.
xxiii Fronza e Meloni, The Draft Italian Code of International Crimes, cit., p. 1031.
xxiv Maurizio Block, Il punto di vista della giustizia militare, intervento al convegno Quale futuro per la giustizia penale internazionale? Venti anni di Corte penale internazionale, in Cassazione, 15 novembre 2022.
xxv Cmm, delibera n. 4739 del 18 giugno 2013.
xxvi Corte costituzionale, n. 78 del 1989.
xxvii Corte costituzionale, n. 81 del 1980 e n. 298 del 1995.
xxviii Il decreto del ministro della difesa 28 febbraio 2008, Determinazione delle piante organiche degli uffici giudiziari militari ai sensi dell’articolo 2, comma 607, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, prevede 27 magistrati giudicanti, comprendendo il primo grado e l’appello.
xxix CEDU, Ergin c. Turchia, 4 maggio 2006 (47533/99), e Maszni c. Romania, 21 settembre 2006 (59892/00). Mulry Mondélice, L’apport de la Convention européenne des droits de l’homme à l’encadrement de la justice militaire sur le fondement des exigences de l’état de droit: entre humanisation et civilisation, «RQDI, Revue québécoise de droit international», dicembre 2020, p. 184: «Alors que la coopération internationale touche la réforme du secteur de la sécurité dans le cadre de la promotion de l’État de droit, sans exagérer la portée des Principes Decaux, il va sans dire que dans la coopération avec l’État en démocratisation, des États du Nord global embrassant la civilisation de la justice militaire peuvent insuffler des réformes du secteur de la sécurité dans le cadre de la coopération bilatérale ou multilatérale touchant l’État en démocratisation, d’autant que des acteurs non étatiques soutiennent de telles réformes entreprises par les États».
xxx Cmm, delibera n. 5042 dell’8 maggio 2014.
xxxi Medel, comunicato 9 marzo 2023, The International Day of Women Judges – March 10, 2023.
xxxii The invisible war, regia di Kirby Dick, 2012.
xxxiii Istituito il Comitato per lo sviluppo e la valorizzazione della cultura della Difesa, «www.difesa.it», 6 marzo 2023.
xxxiv Convegno Il codice dei crimini internazionali: impegno per una giustizia internazionale effettiva, in Cassazione, 16 maggio 2023.