di Il Ponte
[A marzo del 2012, mentre si metteva mano a modifiche antipopolari della Costituzione, «Il Ponte» pubblicò un appello. In quel clima di messa tra parentesi dello spirito critico, i firmatari furono davvero pochi. Ma è bene rileggere quel testo, adesso che, nell’anniversario della vittoria del No al referendum costituzionale, sul pareggio di bilancio si sta riaprendo la discussione, e il Coordinamento per la democrazia costituzionale ha lanciato una raccolta di firme per una legge che sciolga da quel vincolo troppo rigorista, introdotto allora con più fretta che senno.]
Il pareggio di bilancio nella Costituzione, già approvato in prima lettura dal Parlamento, soprattutto con la modifica dell’articolo 81 preoccupa tutti noi giuristi, economisti, intellettuali, cittadini.
L’iniziativa è accompagnata da un clima punitivo, e rovescia sul popolo le responsabilità di un intero ceto dirigente, imprenditoriale, politico e amministrativo.
Sinora il tema è stato circondato dalla peggiore censura: quella dei mezzi silenzi e dell’ovvietà. Negli sbrigativi lavori parlamentari, si è vista una maggioranza inconsueta nella storia repubblicana, e usuale invece in altri regimi. Se anche in seconda lettura la modifica passerà coi due terzi, sarà impossibile un referendum.
La Costituzione è un programma solidale. Casa, lavoro, salute, istruzione, ambiente, giustizia, tutto ha bisogno di interventi pubblici, e poco resta agli italiani se si appendono i diritti alle compatibilità.
Siamo consapevoli che occorrono severi controlli, e che una spesa sbagliata deruba il popolo. Ma attraverso una trappola rigorista si può commettere lo stesso furto, impedendo la spesa pubblica solidale.
Diffidiamo dell’interpretazione unilaterale degli obblighi europei, attuati a senso unico e invocati come un totem e un babau.
Non crediamo che l’obbligo di pareggio stronchi la partitocrazia, perché resta la possibilità di autorizzare l’indebitamento, a maggioranza assoluta: una maggioranza qualificata, simile a quella per l’amnistia, come se la spesa sociale fosse una colpa. Inoltre, la misura del successo politico può consentire la deroga. Oggi si vincono le elezioni con un terzo dei voti. Così, chi vince potrebbe spendere e definire il rientro, scegliendo su chi scaricarlo. Cordate di potere, capaci di ogni trucco, potrebbero far pagare agli italiani i loro falsi rigori.
Chiediamo un ripensamento, una moratoria e l’apertura di una vera discussione.
Luca Baiada, Domenico Gallo, Danilo Zolo, Livio Pepino, Mauro Piras, Marcello Rossi, Rino Genovese, Mario Monforte, Piero Belleggia, Roberto Passini, Francesco Cattabrini, Stefano Petrucciani, Alfio Mastropaolo, Gianni Ferrara, Claudio Bazzocchi