I due volumi di Educazione aperta, pubblicati separatamente nel 1967 (Educazione aperta 1) e nel 1968 (Educazione aperta 2) da La Nuova Italia, appartengono all’ultima fase straordinariamente creativa di Capitini, interrotta da una morte precoce e imprevedibile nell’ottobre 1968. Nel 1966 ha pubblicato La compresenza dei morti e dei viventi (Milano, Il Saggiatore), Severità religiosa per il Concilio (Bari, Dedalo), Antifascismo tra i giovani (Trapani, Célèbes), nel 1967 Tecniche della nonviolenza (Milano, Feltrinelli), intervenendo attivamente nel nascente movimento del Sessantotto con i suoi due mensili «Il potere è di tutti» e «Azione nonviolenta», e con gli approfondimenti teorici delle «Lettere di religione». Intorno e a fianco, gli incessanti impegni organizzativi del Movimento nonviolento per la pace, i sempre numerosi articoli su giornali e riviste, i seminari universitari di pedagogia e sociologia alla facoltà di Magistero dell’Università di Perugia. Dunque una stagione di fervida attività in una fase di “apertura” della Storia che richiede visione politico-filosofica e concreti orientamenti alla prassi.
Fino dagli anni trenta la questione dell’educazione è stata centrale in Capitini: educazione dei giovanissimi all’antifascismo, educazione degli adulti al liberalsocialismo e alla democrazia diretta nell’immediato dopoguerra, educazione all’autonomia dei singoli e alla nonviolenza attiva negli anni cinquanta e sessanta. Nell’educazione di Capitini, primato della prassi sulla conoscenza, strumento ed esperimento di liberazione dai limiti di una realtà inaccettabile, prefigurazione in atto di una «realtà liberata» in relazioni di cooperazione tra giovani (sempre portatori di “nuovo”) e adulti (l’“aggiunta” della conoscenza e del rigore nell’acquisizione dei “valori”), confluisce la multidimensionalità e la complessità dell’esperienza umana: dalla filosofia alla poesia, dalla Storia alla vita quotidiana. L’educazione non è ridotta a pratica disciplinare, autoritaria o paternalistica, normalizzatrice, istituzionale, ma è terreno di aperta sperimentazione libertaria e di continua riflessione cognitiva. A questi temi Capitini ha dedicato nei primi anni cinquanta due importanti contributi: L’atto di educare (Firenze, La Nuova Italia, 1951) e Il fanciullo nella liberazione dell’uomo (Pisa, Nistri-Lischi, 1953).
In Educazione aperta 1 e 2, in rigorosa coerenza con i fini pratici della concezione educativa capitiniana (la liberazione del potenziale umano di “tutti”, la nonviolenza come rivoluzione permanente dei singoli e delle comunità, l’omnicrazia), pensiero e prassi si coniugano naturalmente. La stessa struttura dei due volumi risponde a questi criteri di attraversamento dinamico dei diversi piani della realtà data e della realtà liberata: il confronto necessario con le scuole pedagogiche (da Gentile a Dewey) si intreccia con i temi delle originali proposte educative di Capitini e dei suoi esperimenti teorici e pratici (la “compresenza” dei tanti piani di realtà nel presente e nel passato, il “potere dal basso”, la relazione dinamica tra “fanciulli” e adulti).
Sopra tutto, la pratica del “colloquio” con chi legge, mobile e aperta. Come sempre, tutto si tiene e tutto si apre. Il montaggio dei due volumi, in cui Capitini riunisce in percorsi tematici testi nuovi del biennio 1965-1967, e testi già pubblicati o inediti di anni precedenti, dal 1945 in poi, crea una sorta di cantiere dialogico. Per chi scrive Capitini? Certamente si rivolge agli educatori e agli studenti universitari a cui insegna a Perugia dal 1965, dopo l’insegnamento all’università di Pisa e Cagliari. Ma il campo dialogico non perde mai la prospettiva della grande comunità dei “tutti”, soggetto della Storia.
Tra i pedagogisti con cui si confronta attivamente dal dopoguerra in poi, grande è la sintonia culturale e politica con Lamberto Borghi, in Italia rappresentante dell’“attivismo” di Dewey rivisitato in chiave critica e libertaria. È Borghi a tracciare nel 1973 un esauriente profilo dell’educatore Capitini in occasione di un convegno dedicato all’amico dalla Scuola Normale Superiore di Pisa. Il testo, che riproduciamo come introduzione ai due volumi, fu pubblicato negli «Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa, Classe di Lettere e Filosofia, Serie III, vol. V, pp. 265-307, e poi raccolto da Borghi nel volume Maestri e problemi dell’educazione (Firenze, La Nuova Italia, 1987), volume aperto dalla dedica «Per Aldo Capitini amico di sempre».