di Rino Genovese
Che Stefano Fassina, in un’intervista post-elettorale, salti sul carro del vincitore, sia pure con stile, passi, era previsto. Ammesso che ci sia mai stata una sinistra interna al Pd – come corrente organizzata, intendo, e non come una sommatoria di personalità tra loro molto differenti –, è del tutto nelle cose che di fronte a un risultato imponente come quello ottenuto da Renzi (a conferma della sua abilità , non di una linea politica) un esponente della minoranza si adegui e cominci magari a riflettere su che cosa ottenerne in cambio, visto che nella pura tradizione democristiana il nemico vinto può, e anzi deve, essere riciclato più che rottamato. Se a qualche personaggio del passato Renzi andrebbe paragonato, questi potrebbe essere Fanfani che, a suo tempo, di dinamismo ne aveva da vendere (e realizzò anche qualche effettiva riforma, come ricorda Vittorio Foa in Questo Novecento); peccato però che la sua vocazione semiautoritaria, o gaullista, dovette sempre fare i conti con i potentati dc che a un certo punto lo misero da parte. Che possa toccare a Renzi una sorte del genere, sembra invece piuttosto improbabile proprio per la inconsistenza delle non-correnti interne al Pd.
Ma quello che non si comprende, o addirittura è stupefacente, è come Gennaro Migliore, capogruppo alla Camera di Sel – stiamo parlando di un partito di opposizione – possa pensare di proporre un’unificazione con il Pd in queste condizioni. Anche ammesso che Migliore riuscisse a portarsi dietro l’intero suo piccolo partito, questo non sarebbe altro che un minuscolo ingrediente, un po’ di prezzemolo, all’interno del grande minestrone centrista che Renzi sta preparando. E come si potrebbe essere oggi a sinistra – stiamo parlando di una sinistra senza aggettivi, né moderata né radicale – dentro un calderone la cui nota dominante appare sempre più democristiana con accenti leaderistico-berlusconiani, rinunciando così a qualsiasi autonomia organizzativa? Questo di Migliore non è opportunismo – che dalla sua può avere anche una certa machiavellica grandezza –, è solo cretinismo: entrare in un partito e non contare nulla. O meglio: contare solo il breve spazio di una stagione parlamentare come quella che ora si apre, per fare delle riforme costituzionali di cui non c’è alcun vero bisogno e una legge elettorale che, stando alla proposta, è pessima, a rischio d’incostituzionalità quanto la precedente… No, non ci siamo proprio, caro Migliore.