Mattarelladi Ferdinando Imposimato

Illustre Signor Presidente della Repubblica Sergio Mattarella,

Lei invoca, dal meeting di Rimini, unità nazionale e ammonisce: deboli se divisi. Rilevo che l’unità non può esserci se le ingiustizie sociali aumentano a vantaggio di pochi e contro i diritti della maggioranza dei cittadini – insegnanti, lavoratori, disoccupati, pensionati, forze dell’ordine, portatori di handicap – che vive in condizioni di bisogno e di umiliazione.

Qualcuno potrebbe interpretare l’invito come adesione al progetto riformista del premier, che a molti, tra cui chi scrive, appare eversivo e inaccettabile. Lei, signor Presidente, sembra ignorare ciò che disse Piero Calamandrei nel 1947: «nella preparazione della costituzione il governo non ha alcuna ingerenza: il governo può esercitare per delega il potere legislativo ordinario, ma, nel campo del potere costituente, non può avere alcuna iniziativa, neanche preparatoria. Quando l’assemblea discuterà pubblicamente la nuova costituzione, i banchi del governo dovranno essere vuoti [sic!]; estraneo del pari deve rimanere il governo alla formazione del progetto […]. Se si fosse affidata al governo, o magari a una Commissione di tecnici non facenti parte dell’assemblea, la preparazione del piano, la sovranità dell’assemblea sarebbe stata menomata» (P. Calamandrei, Come nasce la nuova Costituzione, «Il Ponte», n. 1, gennaio 1947, pp. 2-3).

E invece con la riforma del Senato è accaduto l’esatto contrario: il progetto è stato preparato dal governo, che si è servito di forze esterne al Parlamento, forse non disinteressate, e il governo è stato il promotore esclusivo della riforma dalla quale è stata esclusa totalmente l’opposizione, perfino quella interna alla maggioranza. Il Parlamento è stato del tutto esautorato. La riforma è stata approvata da una maggioranza illegittima, secondo la Corte costituzionale (sentenza n. 1/2014), violando l’articolo 72, comma 4, che impone la procedura normale di esame e non consente la fiducia o trucchi analoghi – tipo “supercanguro” – lesivi del diritto dell’opposizione.

Né condivido, signor Presidente, il Suo invito a evitare lo scontro politico, che invece è necessario se si esprime nel rispetto delle regole. Mentre Lei, signor Presidente, garante della Costituzione, che deve osservare con disciplina e onore ( art 54), non censura in alcun modo il premier, il quale, mentre non fissa la data del referendum, gestisce in modo scorretto e monopolistico le televisioni pubbliche a favore del , in violazione del pluralismo, cardine della democrazia, sancito dall’art. 21 della Costituzione.

Né si può pretendere il silenzio dei cittadini, specie dei risparmiatori, di fronte alle reiterate colossali bugie del premier, come quella del risparmio, con la riduzione dei senatori, di 500 milioni di euro, da destinare ai poveri.

Circa l’unità nazionale, mi permetto di richiamare l’insegnamento di Aristotele: «se uno Stato diventa sempre più uno, non sarà più neppure uno Stato, perché lo Stato è per sua natura pluralità. Di conseguenza, chi è in grado di realizzare tale unità non dovrà farlo perché distrugge lo Stato» (La politica, 11, 1261). Per questo io e molti altri non saremo mai uno con il presidente del Consiglio, autore di una riforma liberticida e responsabile di leggi ingiuste che favoriscono pochi e danneggiano i più.

Con i miei rispettosi saluti,