Il problema italiano ha un nome: patto di stabilità. E a questo – prima ancora che l’avventurista Renzi, come l’ha definito Fabrizio Barca in una telefonata che probabilmente farà storia, abbia formato il suo governo – con la consueta severità ci ha richiamati il commissario europeo all’economia Rehn (senz’alcuna pietà, si potrebbe dire…). Risultato: non si trova un politico che voglia prendersi l’incombenza del complicato ministero del Tesoro, come si chiamava un tempo, per la semplice ragione che soldi da spendere non ce ne sono, e, dopo nove trimestri consecutivi di crescita negativa, nell’ultimo soltanto un misero +0,1% del Pil è saltato fuori. Nessuna paura, però: c’è il solito Napolitano che, avendo preso sotto tutela il giovane nipotino, si sta dando da fare per trovargli un ministro degno del nome. Prodi, e lo stesso Barca, hanno già rifiutato. Non parliamo di Delrio o di Fassino (Fassino chi?) che nonno Napolitano ha già bocciato perché di non adeguata caratura europea. Non resta allora che ricorrere a un altro “tecnico” dopo Saccomanni, e pour cause! Chi volete, infatti, che senza un soldo da spendere si giochi una qualsiasi carriera politica futura (Prodi per esempio non ha smesso di puntare alla presidenza della repubblica, quando sarà) soltanto per fare un piacere a Renzi l’avventurista?