di Rino Genovese

HollandeNessuno si attendeva quella “rottura con il capitalismo” annunciata, già ai suoi tempi soltanto propagandisticamente, da Mitterrand nel 1981. Però se i socialisti vanno al governo, in particolare nel difficilissimo frangente attuale, ci si aspetta che attuino politiche ridistributive e di riduzione della disoccupazione. Nessuna delle due cose è avvenuta, e il tasso di disoccupazione continua a crescere in Francia. Si direbbe che il presidente Hollande peggio di così non potesse fare. L’unica cosa che si sia inventato (a parte una legge sul primo impiego giovanile di debole efficacia) è un “patto di responsabilità” con gli imprenditori, che consiste molto semplicemente in una detassazione delle imprese finanziata dallo Stato con il taglio della spesa pubblica. Ma quale certezza c’è che i padroni, incassato lo sconto, usino i soldi per fare gli investimenti, creando nuova occupazione, anziché per andarsene in vacanza ai Caraibi? Senza considerare che la corrispettiva contrazione della spesa grava sui servizi pubblici (in Francia comunque ancora di qualità nettamente superiore a quelli italiani).

Hollande ha inquadrato la sua scelta in una “politica dell’offerta”: se si facilitano le condizioni dell’offerta di merci – questo il suo ragionamento – anche i consumi riprenderanno, tutta l’economia tornerà a girare, perché – la frase l’ho sentita con le mie orecchie – “è l’offerta che crea la domanda”. Ora, il presidente mi perdonerà, ma c’è da chiedersi dove abbia appreso una simile corbelleria. Certo, quando le cose vanno per il loro verso, nei periodi di vacche grasse, una proposizione come “è l’offerta che crea la domanda” un suo senso ce l’ha. Conosciamo bene il fenomeno: una politica di alti salari e di piena occupazione, la pubblicità sparata a zero sui mass media, una varietà di dentifrici, per dire, che promettono denti bianchissimi, il compratore non sa a chi credere, li prova tutti comprando tubetti a volontà e molto al di là di quanti davvero gliene servano… Così andavano le cose alcuni decenni fa. Ma oggi? Oggi che si stringe la cinghia, oggi che le stesse entrate pubblicitarie diminuiscono di fronte a una restrizione della domanda, la prima cosa da fare (c’è arrivato perfino Matteo Renzi, magari per via demagogica) è mettere un po’ di soldi in più nelle tasche dei lavoratori affinché l’economia possa ripartire. Questo significa intervenire dal lato della domanda, il contrario della politica dell’offerta voluta da Hollande.

Ma perseverare è diabolico. Nonostante la prevista, del tutto prevedibile, batosta elettorale sia arrivata, Hollande non soltanto nei giorni scorsi ha confermato la linea di politica economica (con i ben noti vincoli europei di marca neoliberista, primo tra tutti quello del terribile 3% nel rapporto debito-Pil, che la Francia è stata richiamata a rispettare), ma ha anche affidato la responsabilità del governo al personaggio più discutibile di tutto il partito, a quel Manuel Valls (catalano di origine), ministro dell’interno uscente, che non è ciò che si dice un “compagno di destra” quanto piuttosto un uomo di destra vero e proprio: uno che qualche anno fa ha dichiarato di ritenere sorpassato il nome “socialista” e sostenuto che perfino il deciso anti-sarkozysmo, impresso dalla segreteria di Martine Aubry, era eccessivo. Questo signore, del resto, da ministro dell’interno è stato protagonista di un piccolo affaire che ha scosso le coscienze di tutti i militanti e simpatizzanti socialisti, portando gli studenti in piazza a protestare. È il “caso Leonarda”, quello di una ragazzina rom prelevata dalla polizia durante l’orario scolastico e rispedita insieme con la sua famiglia, in quattro e quattr’otto, nel paese d’origine. Con questo atteggiamento poliziesco forte con i deboli, Sarkozy si era costruito – anche lui da ministro dell’interno – la carriera che l’aveva condotto alla presidenza, premiato dai sondaggi e dalla capacità di attrarre i voti dell’estrema destra.

Ecco, il punto è qui. Com’è noto il paese conosce, non da ieri, una crescita di consensi verso il “peronismo alla francese” di Marine Le Pen, l’abile figlia del vecchio leader fascista, che va trasformando con successo il suo partito in uno strumento del populismo contemporaneo all’insegna del “né destra né sinistra”. Il sostrato xenofobo della Francia odierna è anch’esso noto. Un tipetto come Valls ha deciso, per puro calcolo, di sfruttarne gli umori. Sorprende che Hollande gli vada dietro, contagiato dalla malattia dei sondaggi che hanno assegnato a Valls il primato nell’esecutivo precedente. Ci sarebbe un’altra politica da mettere in campo per cercare di riprendersi i voti andati a destra, o per recuperare gli elettori che si sono espressi con un forte aumento dell’astensione: è quella di una ripresa dell’economia e di un alleviamento del disagio sociale. Ma questa prospettiva il presidente sembra averla accantonata, scontando anche il mancato ingresso nel nuovo esecutivo degli ecologisti passati all’appoggio esterno. Si discute se a Hollande vada meglio l’etichetta di “socialdemocratico” piuttosto che di “socialista”. Ma a me sembra che gli si attagli quella di “social-liberale”. Neppure troppo furbo, del resto: perché è evidente che Valls si prepara a fargli le scarpe.