Tsiprasdi Rino Genovese

Si poteva ottenere un risultato migliore? In astratto sì; nelle condizioni date, no. Con la socialdemocrazia tedesca allineata alle posizioni della Merkel, con un Hollande che solo da ultimo si è un po’ svegliato, con un Renzi che – da buon democristiano italiano – prima si è collocato dalla parte della Germania e poi ha seguito il presidente francese nella mediazione, con uno schieramento di Stati minori pronti a decretare l’uscita punitiva della Grecia dalla zona euro, beh, in queste dannate condizioni – che altro non sono se non il neoliberismo come cultura e pensiero pressoché unico del nostro tempo –, in queste dannate condizioni il compromesso che Tsipras ha portato a casa è onorevole seppure insoddisfacente.

Ma – si dice – c’era stato un referendum che aveva detto no al 61%… Il referendum, rafforzando Tsipras all’interno, si è rivelato a conti fatti uno strumento che ha fatto venir fuori tutto il livore contro la piccola Grecia per il coraggio dimostrato nel dare ragione a un partito di sinistra cosiddetta radicale, ma è servito a togliere dal tavolo l’opzione che prevedeva un cambio di governo ad Atene. Il governo greco, con le successive dimissioni del troppo rigido Varoufakis, ha mostrato di esserci, di voler restare, e al tempo stesso di volere ricercare un compromesso europeo. La possibilità – di cui cianciano alcuni – di un’uscita dall’euro in quattro e quattr’otto (magari con gli aiuti “umanitari” europei) era una non-possibilità con un’economia ridotta in quello stato, con una difficoltà di approvvigionamento di denaro che già oggi pesa sulla vita quotidiana della popolazione, con una dracma che, reintrodotta, varrebbe un po’ come i soldi del Monòpoli, con un prevedibile doppio corso della moneta che avrebbe spinto i cittadini greci all’accaparramento degli ultimi spiccioli di euro in uno scenario da incubo finanziario. Del resto il referendum non era stato sulla permanenza o meno della Grecia nella zona euro; era stato immaginato per rimanere al suo interno con un di più di legittimità democratica.

Che cosa ha ottenuto Tsipras, che pure la notte scorsa ha dovuto vedersela con il dissenso aperto di una parte dei suoi in parlamento? In sostanza, oltre ai nuovi finanziamenti per far fronte alla drammatica situazione, la messa in agenda di una ristrutturazione del debito. Se questa non ci sarà, non si potrà mai più parlare di una ripresa in Grecia. Perfino il Fondo monetario internazionale ora deve ammettere che c’è un’insostenibilità del debito greco: nel prossimo futuro bisognerà pensare a un taglio, oppure a una moratoria, a un periodo di grazia di trent’anni (è questo il tempo lungo indicato dallo stesso Fmi), che equivale a un taglio del debito.

Su questo piano si gioca ancora la partita greca. E non siamo ai tempi supplementari, siamo soltanto al secondo tempo.