Firenze dica nodi Il Ponte

Il 25 ottobre il comitato «Firenze dice no», cartello di numerosi comitati dell’opposizione sociale, indice una manifestazione nazionale per il 5 novembre, per sostenere le ragioni del No al referendum del 4 dicembre. Mercoledì 2 novembre la polizia interviene per impedire una conferenza stampa del comitato davanti ai cancelli della Leopolda. Venerdì 4 novembre la questura di Firenze, su ordine del ministro dell’Interno vieta la manifestazione del 5 perché incompatibile con la presenza del governo alla Leopolda.

Il comitato «Firenze dice no», con l’adesione di realtà importanti dell’opposizione sociale a livello nazionale, giustamente disobbedisce a un divieto che lede gravemente i diritti costituzionali (articolo 21) e conferma la manifestazione. Nel pomeriggio del 5 un migliaio di partecipanti si trova concentrato e circondato dalla polizia nella centrale Piazza San Marco. Ai primi tentativi di rompere l’accerchiamento e defluire verso la vicina piazza della Santissima Annunziata, con lanci di ortaggi, fumogeni e qualche sasso, partono due cariche. Il corteo riesce comunque a defluire, sciogliendosi dopo due ore in Piazza Beccaria.

Intanto nel bunker della Leopolda un sindaco esagitato farnetica sullo «sfascio» della città a opera dei «teppisti» del NO, e l’informazione dei media asserviti si affretta a evocare blackbloc, vetrine infrante, anni di piombo. Niente di tutto questo è avvenuto.

Resta la gravità del divieto (se ne dovrebbe occupare la magistratura) a manifestare il dissenso politico nei confronti di un governo sempre più isolato e accerchiato da un’opposizione crescente in ogni settore della società. E resta la positività di una manifestazione che comunque si è tenuta, partecipata e determinata, sostanzialmente pacifica, nella roccaforte del renzismo-verdinismo, e ha guastato la festa alla fiacca sceneggiata della Leopolda. L’esperienza ha messo a nudo i veri termini del conflitto tra la politica fascistoide di un esecutivo populista in cerca di legittimazione plebiscitaria, insofferente ai vincoli costituzionali, e la cittadinanza attiva di chi oppone e propone un’altra idea di società, egualitaria e democratica, dal basso. Ed è questo l’unico «merito» del referendum del 4 dicembre.