Carlo Emilio Gaddadi Neil Novello

La prima questione posta da Eros e Priapo di Carlo Emilio Gadda, nell’edizione critica curata da Paola Italia e Giorgio Pinotti per Adelphi (2016), introduce a un paradosso identitario. Venirne a capo significa interrogarsi sullo statuto letterario dell’opera. Già pubblicata (massacrata) da Garzanti nel 1967, ora è ripubblicata, in «versione originale», nella collana Biblioteca dell’edizione adelphiana. Essa rincammina sul manoscritto originale per abolire infine il testo garzantiano “terremotato” da un editor di eccezione, Enzo Siciliano, con la complicità «coatta» dello stesso autore. Se poi si considera che Eros e Priapo, scritto nel biennio 1944-45 da un autore regolarmente in possesso – almeno fino al 1941 – della «tessera del PNF», più che un «pamphlet antimussoliniano» è da considerarsi un «trattato di psicopatologia delle masse valido in ogni epoca e per ogni forma di totalitarismo», il paradosso muta in gnommero.

Il pasticciaccio del libro inizia con la fuga di Gadda da Firenze (agosto 1944), sotto l’occupazione tedesca, e l’approdo a Roma liberata, nel cui effervescente clima culturale è progettato Eros e la banda: un reportage «sulle latenze erotiche responsabili del ventennio». Ma Eros e la banda, promesso alle Nuove Edizioni Italiane di Enrico Falqui, non è la sola opera in lavorazione. Un’altra, I miti del somaro, è la versione «disciplinata» e in tre capitoli di Eros: è già pronta ed è rifiutata da «La Nuova Europa». Al 1° settembre 1945, ritornato Gadda a Firenze, va invece ascritto Teatro patriottico anno XX pubblicato dal «Mondo» a nom de plume Aligi Ca’ da l’Ormo, probabile frammento di un inedito, Le Marie Luise e la eziologia del loro patriottaggio verbale. A questo, va aggiunto, a completamento del ginepraio Eros e Priapo, un altro inedito, Le genti. Sono i lacerti ur–priapeschi confluiti nell’Appendice II, La «galassia» di «Eros e Priapo» dell’edizione critica.

L’iniziale doppio capitolo editoriale di Eros e Priapo è la storia di un primo naufragio (Mondadori), ed è anche la storia di una promessa a Gianna Manzini – limitatamente a Il bugiardone (capitolo I di Eros e Priapo) – per la rivista «Prosa», culminata con un altro rifiuto. Da qui, il «trauma profondo» di Gadda e il destino nefasto del pamphlet. Il pellegrinaggio senza meta di Eros e Priapo, alla metà degli anni cinquanta approda a «Officina». In quattro frammenti, dal maggio 1955 è Libro delle Furie – dove il furioso è Gadda – prima di sospendere la cadenza di uscita con il quarto tratto (febbraio 1956).

È l’epifania di un libro che circa dieci anni dopo, con la menzionata edizione Garzanti del 1967, è come fagocitato dall’editing «lampo» di Siciliano, che trascura Il libro delle Furie e utilizza il manoscritto A per ricavarne un dattiloscritto D. Varie le sventure di Eros-1967, la «resecazione dell’osceno», l’«attenuazione dell’invettiva», l’«occultamento di luoghi e persone», l’«eliminazione di ogni riferimento personale e autobiografico» con la conseguenza di una «massiccia riduzione (fino all’autocensura) stilistica». Nulla dunque dell’«autobiografia nazionale» indicata dai curatori Italia e Pinotti, e immaginata da Gadda – in cui lo scrittore avrebbe pensato a un trattatello di antropologia italiana nel ventennio –, neppure il «priapismo narcissico di Mussolini», ma altro: una «psicoerotia delle masse» nel ventennio.

Eros e Priapo è stato finora questo torso (l’edizione di Garzanti): un’edizione inedita. A distanza di quasi mezzo secolo, con l’edizione critica di Adelphi – sull’autografo dell’Archivio Liberati ritrovato nel 2010, di cui non ha potuto avvalersi Dante Isella per le Opere del 1992 – si sono cancellati gli errata restituendo al libro se stesso e a Gadda Gadda.