Giuliano e Piergiovanni Pelfer
Si afferma da molte parti e con maggiore insistenza che la politica è sempre più spettacolo anche per effetto delle possibilità offerte dai nuovi media. L’idea è intrigante e ci offre l’occasione di descrivere la crisi politica risolta da poco rifacendosi a un canovaccio, come nella Commedia dell’Arte.
Gli attori che indicheremo con pseudonimi sono il rude lumbard, il gran Cazzaro Verde, alias Matteo Salvini; il fiorentino, il perfido Cazzaro Rosso, alias Matteo Renzi; il romano, il fratello più furbo di Montalbano, alias Nicola Zingaretti; tre meridionali: l’incolto stewart dello stadio San Paolo invitato in ogni occasione a iscriversi alla London School of Economics, alias Luigi Di Maio; il BisConte Raddoppiato, alias Giuseppe Conte, e il sempre sorprendente Grande Vecchio, alias il presidente Sergio Mattarella.
Per chi non conosce la letteratura italiana, in primo luogo Luigi Pirandello ma anche altri siciliani tra cui Sciascia e Bufalino e il napoletano Eduardo De Filippo, decifrare questa crisi politica può essere arduo, mentre la conoscenza di questi autori aiuta molto a scoprire l’oscuro intreccio della commedia recitata dagli attori citati. Il vero inizio della crisi ha una data precisa, le elezioni europee del maggio 2019. Il risultato per la Lega va al di là di ogni più ottimistica attesa.
Il gran Cazzaro Verde non sta più nella pelle e intravede, sostenuto in questo dai sondaggi e dagli elogi sperticati dei media più diffusi, un futuro luminoso con maggioranze bulgare se si andasse a votare al più presto. Comincia a muoversi in lungo e in largo per le piazze e poi per le spiagge italiane, con le tasche piene di rosari e di immaginette della Madonna che bacia in ogni momento e a cui si affida per il suo successo. Non si accorge di star replicando le scenette con le quali Massimo Troisi e quelli della Smorfia avevano divertito e fatto sorridere gli spettatori italiani. Fa inoltre una serie di gesti e di azioni per mostrare che l’unico e vero presidente del Consiglio è (e sarà quanto prima) lui, facendo chiaramente capire che il suo scopo non sarà solo quello di annientare il M5S, già malconcio da un anno di governo insieme alla Lega, ma anche ogni possibile opposizione di sinistra e di destra.
E da qui comincia a inanellare un errore dopo l’altro, dimostrando la pochissima conoscenza della storia, della politica e della cultura del Bel Paese. Intanto non ricorda gli episodi della storia (già antica) in cui si racconta come gli invasori dal nord siano stati battuti dai romani e dai meridionali.
I due episodi che ci vengono raccontati fin dalle scuole elementari sono infatti il tentativo fallito dai Galli di conquistare Roma. Si racconta che le oche del Campidoglio avrebbero avvertito i Romani starnazzando rumorosamente. Ovviamente non si dice, trattandosi di libri per ragazzi, che le oche non erano i simpatici pennuti ma piuttosto signorine dai facili costumi che passeggiavano sulle vie del colle più importante di Roma. La cosa si ripeterà poi con Annibale che dopo aver attraversato le Alpi con un potente esercito fornito di mezzi corazzati rappresentati dagli elefanti verrà combattuto e vinto con mezzi simili durante gli “ozi di Capua”, località vicino a Napoli. Di fronte al pericolo di una presa del potere, per via elettorale, di una destra sovranista che si propone fra l’altro di scardinare l’assetto istituzionale del paese per riproporre sotto diverse spoglie una devolution delle regioni ricche da quelle più povere, o qualcosa di simile, a livello europeo la reazione non si fa attendere.
Non è però una reazione che si mostra alla luce del sole, bensì agisce nell’ombra e non viene perciò compresa dal gran Cazzaro Verde né dai suoi sostenitori. Lo scopo sarà quello di convincerlo, per cominciare, a provocare la crisi di governo. Il M5S, anziché concedergli corda, si irrigidisce e comincia a pronunciare “no” sonanti su tutte le questioni all’ordine del giorno fino a presentare una mozione contro il Tav, votandola contro tutto il Parlamento che vota unanimemente le mozioni favorevoli al Tav. Questa resistenza si fa sentire anche sulla questione della giustizia, sui temi legati alle autonomie, sulla flat tax e così via. Dall’altro lato il Pd continua il suo martellamento sul governo gialloverde e ne chiede un giorno sì e l’altro pure le dimissioni. E qui comincia la crisi pirandelliana.
«Vieni avanti, Salvini. Sfiducia il BisConte Raddoppiato e andiamo subito al voto», è stato l’invito che direttamente e indirettamente il fratello più furbo di Montalbano ha rivolto al gran Cazzaro Verde.
Lo sventurato ha risposto. E dopo aver presentato una mozione di sfiducia contro il BisConte Raddoppiato, corre a Palazzo Chigi per invitare il presidente del Consiglio a dare immediatamente le dimissioni. E qui mal gliene incoglie. Il presidente del Consiglio accetta di dimettersi ma solo davanti al Parlamento, dove potrà esprimere chiaramente il suo punto di vista, e solo dopo la fine del dibattito andrà a dimettersi. E i cittadini italiani assistono a qualcosa che non avevamo mai visto: il BisConte Raddoppiato, noto per la sua pacatezza e per i modi gentili, tira fuori tutti i suoi colpi proibiti e mette in poco meno di un’ora al tappeto il povero Cazzaro Verde, incredulo e sorpreso da tanta cattiveria.
E da qui cominciano ad emergere contatti e accordi che nessuno dei commentatori politici aveva nemmeno immaginato. Il gran Cazzaro Verde si era convinto che tra Pd e M5S non ci sarebbe stato comunque il tempo sufficiente per avviare una interlocuzione che potesse portare a una nuova maggioranza e a un accordo di governo. E nemmeno avrebbe mai pensato che a sbloccare la trattativa sarebbe stato il perfido Cazzaro Rosso, noto nemico giurato del M5S.
E già sulle questioni procedurali votate alla Camera ecco apparire plasticamente che ci sono i numeri per ribaltare in Parlamento la vecchia maggioranza gialloverde e sostituirla con una nuova maggioranza giallorossa. E qui entrano in gioco gli attori che condurranno a termine con successo l’operazione «Buccia di banana», posta sul cammino del gran Cazzaro Verde e delle elezioni subito.
Il Grande Vecchio, nel pieno delle sue prerogative istituzionali, inviterà i partiti a presentarsi in tempi brevi da lui con una nuova maggioranza o si andrà al voto. Comincerà così il vaudeville, diretto magistralmente dall’incolto stewart dello stadio San Paolo e dal fratello più furbo di Montalbano, che offriranno argomenti infiniti ai media in modo che la discussione si dilunghi su infiniti rivoli, distruggendo apparentemente la mattina quello su cui si erano trovati d’accordo la sera, e facendo circolare, con l’aiuto di «fonti autorevoli e sicure» le notizie più disparate e folli.
Si assiste a un rincorrersi di stati d’animo di ogni tipo, che suggeriscono le analisi più pazze agli evergreen commentatori politici nei talk show e sui giornali. Fino a che, passato il tempo concesso per trovare l’accordo, il BisConte Raddoppiato si presenta, stanco ma sollevato, al presidente della Repubblica col programma, con la lista dei ministri, con gli endorsements di autorevoli e influenti personaggi europei e con lo spread ai minimi da dieci anni.
Fine della commedia. Ma forse la commedia vera comincia proprio ora.