di Luca Baiada
1943, settembre. A Cefalonia ci sono migliaia di militari italiani. Fra loro, quelli che sino a ora sono stati fascisti e alcuni che lo rimarranno. Dopo l’armistizio, mentre la Germania nazista occupa l’Italia, in pochi giorni convulsi si gioca il loro destino. Molti lo subiscono, molti lo affrontano: non si consegnano ai tedeschi, combattono in condizioni di inferiorità , vengono sopraffatti. Dopo la cattura sono sterminati, contro ogni garanzia delle leggi di guerra; i superstiti sono deportati, parecchi non faranno ritorno.
Resterà sempre difficile, la ricostruzione esatta dei segmenti di questa cosa senza nome e con molte facce: tragedia, epopea, crimine, trionfo dell’assurdo e delle contraddizioni, grandezza del coraggio e miseria della guerra. Di certo ci sono dentro: l’infamia del fascismo, la fuga del re, la latitanza dei comandi, l’idiozia nefasta di ogni conformismo, la miopia delle alte gerarchie, l’antico scollamento dell’Italia fra il popolo e i suoi dirigenti. Ma c’è dentro anche una possibilità di riscattarsi, dopo anni di dittatura, malgrado la propaganda e persino nei momenti più terribili. Si impara, da una storia così robusta, caotica, antiretorica. Una storia profondamente umana.
2020, gennaio. L’Italia è una Repubblica, la Costituzione vuole lo spirito democratico nell’ordinamento delle forze armate e la partecipazione del popolo all’amministrazione della giustizia. Un gruppo di sopravvissuti alle stragi naziste e di familiari delle vittime sta chiedendo, appunto, giustizia. Quella penale è una partita persa, ormai. Ma quella civile, coi risarcimenti, è possibile e ha solide ragioni. Le pronunce dei tribunali, della Cassazione e della Corte costituzionale, un convegno in Senato con Liliana Segre: tutto conferma i loro diritti.
Una circolare del Consiglio superiore della magistratura permette ai cittadini di intervenire alle cerimonie di inaugurazione dell’anno giudiziario. Ai familiari delle vittime sembra una buona occasione. Detto, fatto: sono ammessi alla Corte d’appello di Firenze; luogo chiave, sia perché le vertenze sui risarcimenti sono passate dagli uffici giudiziari toscani, sia perché il presidente della Regione in carica, Enrico Rossi, ha promesso attenzione (non manterrà la parola). A parlare nella città di Piero Calamandrei è il figlio di una vittima in una strage in Lunigianai.
La circolare sulle inaugurazioni si riferisce anche a quella in Cassazione, e per questo chiedono la parola anche a Roma, proponendo il figlio di un ufficiale caduto a Cefalonia. All’iniziativa aderiscono da Sant’Anna di Stazzema e da Marzabotto; sono i due massacri peggiori in Italia, e Marzabotto è il più grave in Europa occidentale. Quanto a Cefalonia, il caso fu giudicato persino a Norimberga, dove Theodore Fenstermacher, per l’accusa, dichiarò che la vera parte lesa era la civiltà ii. Ma nella capitale non intervengono. Vediamo la circolare.
Il provvedimento ricorda i soggetti istituzionali che hanno la parola, e nella premessa aggiunge: «Si ribadisce che la cerimonia d’inaugurazione costituisce un momento di dibattito pubblico sulla situazione dell’amministrazione della giustizia e che deve ritenersi ammissibile la partecipazione di altre categorie di soggetti, oltre quelli già previsti dalla normativa vigente»iii. E poi: «Stante la natura di pubblico dibattito sull’amministrazione della giustizia assunto anche dalla cerimonia in Cassazione, oltre ai soggetti indicati dalla legge, potranno prendere la parola anche ulteriori categorie di soggetti interessate alle problematiche dell’amministrazione della giustizia, che chiedano di intervenire»iv. Nel paragrafo sull’inaugurazione in Cassazione: «L’individuazione degli altri soggetti che hanno diritto di intervenire sarà fatta tenendo conto del carattere nazionale della cerimonia e dello svolgimento il giorno 1° febbraio 2020 della cerimonia nel distretto di Roma»v.
I familiari sperano di poter avere voce. Niente da fare: non sono previsti interventi di associazioni o rappresentanti della società civile, ma si può chiedere alle corti di appello.
Resta qualche dubbio. La circolare distingue l’inaugurazione in Cassazione da quelle nelle corti; ma l’intervento di altri soggetti, in Cassazione, non sembrerebbe del tutto vietato, solo sottoposto a una valutazione più severa.
In seguito c’è chi si rivolge al Consiglio superiore, segnalando che è possibile un’interpretazione diversa e che l’intervento a Firenze ha reso onore alle autorità giudiziarie, Cassazione compresa. Viene anche fatto presente che, se quello è il senso della circolare, per l’anno prossimo eventualmente si potrebbe, spes ultima dea, cambiarla. Avvicinare la cerimonia in Cassazione a quelle nei distretti rafforzerebbe la partecipazione del popolo alla giustizia.
Risponde il Comitato di presidenza: «Le determinazioni assunte dal primo presidente della Corte di cassazione sono del tutto conformi alla delibera del Consiglio superiore della magistratura sulle modalità di svolgimento della cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario in Corte di cassazione e […] allo stato non vi sono ragioni per una sua modifica». Del Comitato di presidenza fanno parte, in quel momento, il vice presidente del Consiglio superiore David Ermini (avvocato toscano, già parlamentare Pd), il primo presidente della Cassazione Giovanni Mammone e il procuratore generale in Cassazione Giovanni Salvi. Il Comitato delibera con la presenza del vice presidente e di almeno un altro componente.
Per capire meglio, il verbale della riunione del Comitato forse potrebbe aiutare. No: «Ai sensi dell’art. 33 del regolamento interno del Consiglio superiore della magistratura non è prevista la possibilità di richiedere copia dei verbali del Comitato di presidenza e […], comunque, il contenuto del verbale corrisponde esattamente alla delibera».
2020, luglio. Cambia il primo presidente della Cassazione, assume l’ufficio Pietro Curzio. Chissà se in futuro le famiglie dei caduti nelle stragi si esprimeranno anche a Roma. A Firenze hanno detto: «Siamo orgogliosi della posizione dell’Autorità giudiziaria, che è per la Costituzione e per la giustizia. Oggi, per la prima volta in settantacinque anni dalla Liberazione, un gruppo di vittime prende la parola all’inaugurazione di un anno giudiziario. Vogliamo che sia il segno di una svolta». La Cassazione, come tutti i giudici, decide in nome del popolo italiano, e più volte l’ha dimostrato benevi.
2020, settembre. A Cefalonia, tanti anni fa, da un lato ci fu l’urgenza di prendere posizione, dall’altro rimase la cecità grigia degli assassini; Fenstermacher, a Norimberga, la chiamò fatalismo emotivovii. Quel crollo della retorica, in quei giorni, vieta anche a queste righe di adesso le facili conclusioni e le recriminazioni. In quella pagina di settantasette anni fa c’è ancora qualcosa che mette in imbarazzo, stringe alla gola, interroga le coscienze. Marcello Venturi: «Io violentavo la loro memoria, entravo nel loro passato; li costringevo, con la mia presenza, a disseppellire ciò che essi avevano seppellito dietro di sé»viii. È Bandiera bianca a Cefalonia. Come si dice, solo un romanzo. Però.
i Emergenza italiana, debito tedesco: questioni di metodo, www.ilponterivista.com/blog/2020/04/30/emergenza-italiana-debito-tedesco-questioni-di-metodo/
ii «The real complainant at this bar is civilization. Let its plea be granted, let those who would destroy it be punished, let its laws be upheld», The Hostages Trial, requisitoria di Theodore Fenstermacher, udienza 3 febbraio 1948, p. 9718, University of North Dakota Chester Fritz Library.
iii Fasc. 40/G/2019 – Inaugurazione dell’Anno Giudiziario 2020 (delibera 18 dicembre 2019), p. 1.
iv Fasc. 40/G/2019 – Inaugurazione dell’Anno Giudiziario 2020, cit., p. 2.
v Fasc. 40/G/2019 – Inaugurazione dell’Anno Giudiziario 2020, cit., p. 2.
vi Nel caso Ferrini: Cass. Ss.Uu. 6 novembre 2003, dep. 11 marzo 2004, n. 5044. Nel caso dei crediti delle ferrovie tedesche: Cass. 25 giugno 2019, dep. 3 settembre 2019, n. 21995.
vii «It is this philosophy of emotional fatalism which has made their proffered excuses of individual and collective guilt so cowardly and contemptible», The Hostages Trial, requisitoria di Theodore Fenstermacher, udienza 3 febbraio 1948, p. 9717, cit.
viii Marcello Venturi, Bandiera bianca a Cefalonia, Mondadori, Milano 2001, p. 82.