di Rino Genovese
I Prodi e i Parisi hanno oggi di che lamentarsi, ma la responsabilità della tragedia ridicola chiamata Pd è anzitutto loro e dei loro amici, di quelli cioè che credettero di fare un partito, anzi di cambiare un intero sistema politico, a tavolino, con un’operazione da piccoli apprendisti stregoni dediti, nel caso, al gioco del meccano. All’inizio c’era una composita coalizione di centrosinistra, alla fine uno pseudopartito altrettanto composito – ma con una sensibile differenza: esso aveva introiettato il virus del berlusconismo, quello delle formazioni politiche prive di un’identità che non fosse quella di un leader, dei suoi interessi, dei suoi vizi. A quel punto lo pseudopartito, fondato sul mito più o meno plebiscitario delle “primarie”, era del tutto scalabile da un avventuriero qualsiasi. Come poi è avvenuto.
La cosa singolare è che questa eternizzazione del berlusconismo via Pd, tuttora in atto, non ha portato a un semplice passaggio del testimone – da Berlusconi a Renzi – ma a una sostanziale diarchia, per cui oggi le intese, grandi o piccole che siano, hanno comunque un segno berlusconiano, essendo non il presunto sistema dell’alternanza l’essenza del berlusconismo mediatico-politico, ma lo spirito dell’infiltrazione e della simbiosi parassitaria degli interessi aziendali, che solo per necessità , dopo la fine della protezione craxiana, si trovò a imboccare la trionfale via neopopulistica.
L’impostazione dei Prodi e dei Parisi era perciò sbagliata alla radice. Non con un’operazione mimetica nei confronti di Forza Italia (fu per primo Michele Salvati a prefigurare una Forza Italia “di sinistra”) si sarebbe potuto battere il berlusconismo, ma con una prospettiva decisamente “partitica”, di alleanza cioè tra partiti diversi sulla base di un programma comune che si distinguesse nettamente sia dal momento leaderistico (al contrario implicito nelle “primarie”) sia, sul piano dei contenuti, dalle forme di un neoliberismo soft, che fu invece la politica dell’Ulivo. Così non soltanto furono poste le premesse per un’eternizzazione del berlusconismo ma anche – nel periodo più brutto della crisi – quelle per un moltiplicarsi della protesta populistica (dopo quella etnico-tribale leghista) in forme qualunquistiche. Come si è visto con il fenomeno grillino.
Sotto ogni profilo, la fondazione del Pd fu un grave errore. E dunque ai Prodi e ai Parisi non possiamo che ricordare il proverbio “chi è causa del suo mal…”