di Vincenzo Accattatis
Processi penali corretti, con garanzie; costruire, semmai, in Italia un migliore Stato di diritto. Un episodio: da par suo, sul «manifesto» di domenica, Livio Pepino ha analizzato un’ordinanza del Tribunale di riesame di Torino.
I fatti: otto attivisti No Tav sono indiziati per resistenza a pubblico ufficiale, o, semmai, altro (le imputazioni sono sempre fluide, la certezza processuale è nella sentenza definitiva). Il 17 settembre 2015 un attivista No Tav ha rifiutato di dare le proprie generalità a una pattuglia di carabinieri e, in seguito, un altro attivista ha strattonato un maresciallo dei carabinieri. Erano presenti altri attivisti, ma non hanno aperto bocca – fatti già accertati, come da ordinanza. Fatti già tutti chiari.
Deve solo seguire il processo con condanne o assoluzioni: ma processo contro chi? Questo il primo problema.
Contro tutti gli otto attivisti, anche contro coloro che – è accertato – non hanno aperto bocca?
Principio fondamentale di diritto penale: la responsabilità penale è personale.
«Quali ragioni di urgenza», si è chiesto Pepino, imponevano misure cautelari eseguite anche di notte in modo spettacolare contro tutti gli attivisti? Vi sono state perquisizioni domiciliari e personali umilianti. Perché perquisizioni anche nei confronti di tutti coloro che erano presenti ma non hanno aperto bocca? Intento persecutorio politico contro i No Tav, volontà di criminalizzare «il movimento in quanto tale», scrive Pepino.
Il popolo, “la gente”, non deve disturbare i manovratori politici. I manovratori non devono essere sottoposti a controllo di popolo.
Segnale preoccupante. Occorre prendere posizione.